LIBRO SECONDO DEI DELITTI IN PARTICOLARE
TITOLO XI – DEI DELITTI CONTRO LA FAMIGLIA
Capo I
Dei delitti contro il matrimonio
Art. 556.
Bigamia.
Chiunque, essendo legato da un matrimonio avente effetti civili, ne contrae un altro, pur avente effetti civili, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Alla stessa pena soggiace chi, non essendo coniugato, contrae matrimonio con persona legata da matrimonio avente effetti civili.
La pena è aumentata se il colpevole ha indotto in errore la persona, con la quale ha contratto matrimonio, sulla libertà dello stato proprio o di lei.
Se il matrimonio, contratto precedentemente dal bigamo, è dichiarato nullo, ovvero è annullato il secondo matrimonio per causa diversa dalla bigamia, il reato è estinto, anche rispetto a coloro che sono concorsi nel reato, e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali.
Art. 557.
Prescrizione del reato.
Il termine della prescrizione per il delitto preveduto dall’articolo precedente decorre dal giorno in cui è sciolto uno dei due matrimoni o è dichiarato nullo il secondo per bigamia.
Art. 558.
Induzione al matrimonio mediante inganno.
Chiunque, nel contrarre matrimonio avente effetti civili, con mezzi fraudolenti occulta all’altro coniuge l’esistenza di un impedimento che non sia quello derivante da un precedente matrimonio è punito, se il matrimonio è annullato a causa dell’impedimento occultato, con la reclusione fino a un anno ovvero con la multa da euro 206 a euro 1.032.
[Art. 559.
Adulterio.
La moglie adultera è punita con la reclusione fino a un anno. Con la stessa pena è punito il correo dell’adultera.
La pena è della reclusione fino a due anni nel caso di relazione adulterina. (1)
Il delitto è punibile a querela del marito. (2)]
(1) La Corte costituzionale con sentenza n. 126/1968 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del primo e del secondo comma del presente articolo.
(2) La Corte costituzionale con sentenza n. 147/1969 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma terzo del presente articolo.
Art. 560.
Concubinato.
[Il marito, che tiene una concubina nella casa coniugale, o notoriamente altrove, è punito con la reclusione fino a due anni.] (1)
La concubina è punita con la stessa pena.
Il delitto è punibile a querela della moglie.
(1) La Corte costituzionale con sentenza n. 147/1969 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma.
Art. 561.
Casi di non punibilità. Circostanza attenuante.
Nel caso preveduto dall’articolo 559, non è punibile la moglie quando il marito l’abbia indotta o eccitata alla prostituzione ovvero abbia comunque tratto vantaggio dalla prostituzione di lei.
Nei casi preveduti dai due articoli precedenti non è punibile il coniuge legalmente separato per colpa dell’altro coniuge, ovvero da questo ingiustamente abbandonato.
Se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato per colpa propria o per colpa propria e dell’altro coniuge o per mutuo consenso, la pena è diminuita.
Art. 562.
Pena accessoria e sanzione civile.
La condanna per alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 556 e 560 importa la perdita dell’autorità maritale.
Con la sentenza di condanna per adulterio o per concubinato il giudice può, sull’istanza del coniuge offeso, ordinare i provvedimenti temporanei di indole civile, che ritenga urgenti nell’interesse del coniuge offeso e della prole.
Tali provvedimenti sono immediatamente eseguibili, ma cessano di aver effetto se, entro tre mesi dalla sentenza di condanna, divenuta irrevocabile, non è presentata dinanzi al giudice civile domanda di separazione personale.
Art. 563.
Estinzione del reato.
Nei casi preveduti dagli articoli 559 e 560 la remissione della querela, anche se intervenuta dopo la condanna, estingue il reato.
Estinguono altresì il reato:
1) la morte del coniuge offeso;
2) l’annullamento del matrimonio del colpevole di adulterio o di concubinato.
L’estinzione del reato ha effetto anche riguardo al correo e alla concubina e ad ogni persona che sia concorsa nel reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali.
Capo II
Dei delitti contro la morale familiare
Art. 564.
Incesto.
Chiunque, in modo che ne derivi pubblico scandalo, commette incesto con un discendente o un ascendente, o con un affine in linea retta, ovvero con una sorella o un fratello, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
La pena è della reclusione da due a otto anni nel caso di relazione incestuosa.
Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, se l’incesto è commesso da persona maggiore di età con persona minore degli anni diciotto, la pena è aumentata per la persona maggiorenne.
La condanna pronunciata contro il genitore importa la decadenza dalla responsabilità genitoriale. (1)
(1) Comma così modificato dall’art. 93, comma 1, lett. l), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
Art. 565.
Attentati alla morale familiare commessi col mezzo della stampa periodica.
Chiunque nella cronaca dei giornali o di altri scritti periodici, nei disegni che ad essa si riferiscono, ovvero nelle inserzioni fatte a scopo di pubblicità sugli stessi giornali o scritti, espone o mette in rilievo circostanze tali da offendere la morale familiare, è punito con la multa da euro 103 a euro 516.
Capo III
Dei delitti contro lo stato di famiglia
Art. 566.
Supposizione o soppressione di stato.
Chiunque fa figurare nei registri dello stato civile una nascita inesistente è punito con la reclusione da tre a dieci anni.
Alla stessa pena soggiace chi, mediante l’occultamento di un neonato, ne sopprime lo stato civile.
Art. 567.
Alterazione di stato.
Chiunque, mediante la sostituzione di un neonato, ne altera lo stato civile è punito con la reclusione da tre a dieci anni.
Si applica la reclusione da cinque a quindici anni a chiunque, nella formazione di un atto di nascita, altera lo stato civile di un neonato, mediante false certificazioni, false attestazioni o altre falsità.
Art. 568.
Occultamento di stato di un figlio. (1)
Chiunque depone o presenta un fanciullo, già iscritto nei registri dello stato civile come figlio nato nel matrimonio o riconosciuto, in un ospizio di trovatelli o in un altro luogo di beneficenza, occultandone lo stato, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. (2)
(1) Rubrica così modificata dall’art. 93, comma 1, lett. m), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(2) Comma così modificato dall’art. 93, comma 1, lett. m), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
Art. 569.
Pena accessoria. (1)
La condanna pronunciata contro il genitore per alcuno dei delitti preveduti da questo capo importa la decadenza dalla responsabilità genitoriale. (2)
(1) La Corte Costituzionale con la sentenza 23 febbraio 2012, n. 31 ha dichiarato“l’illegittimità costituzionale dell’articolo 569 del codice penale, nella parte in cui stabilisce che, in caso di condanna pronunciata contro il genitore per il delitto di alterazione di stato, previsto dall’articolo 567, secondo comma, del codice penale, consegua di diritto la perdita della potestà genitoriale, così precludendo al giudice ogni possibilità di valutazione dell’interesse del minore nel caso concreto.”Successivamente, con sentenza 23 gennaio 2013, n. 7 ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale “nella parte in cui stabilisce che, in caso di condanna pronunciata contro il genitore per il delitto di soppressione di stato, previsto dall’articolo 566, secondo comma, del codice penale, consegua di diritto la perdita della potestà genitoriale, così precludendo al giudice ogni possibilità di valutazione dell’interesse del minore nel caso concreto.”
(2) Comma così modificato dall’art. 93, comma 1, lett. n), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
Capo IV
Dei delitti contro l’assistenza familiare
Art. 570.
Violazione degli obblighi di assistenza familiare.
Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 103 a euro 1.032. (1)
Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:
1) malversa o dilapida i beni del figlio minore o del pupillo o del coniuge;
2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un’altra disposizione di legge.
(1) Comma così modificato dall’art. 93, comma 1, lett. o), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 24 luglio 2007, n. 30151, Cassazione Penale, SS.UU., sentenza 26 febbraio 2008, n. 8413, Cassazione Penale, sez. VI,sentenza 23 giugno 2008, n. 25591, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 27 agosto 2009, n. 33492, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 28 settembre 2009, n. 38127, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 9 novembre 2009, n. 42631, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 12 novembre 2009, n. 43288 e Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 2 febbraio 2010, n. 4395
Art. 571.
Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina.
Chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, con la reclusione fino a sei mesi.
Se dal fatto deriva una lesione personale, si applicano le pene stabilite negli articoli 582 e 583, ridotte a un terzo; se ne deriva la morte, si applica la reclusione da tre a otto anni.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 12 settembre 2007, n. 34460, Cassazione penale, sez. VI, sentenza 13 settembre 2007, n. 34674, Cassazione penale, sez. VI, sentenza 19 novembre 2007, n. 42648, Cassazione penale, sez. VI,sentenza 14 ottobre 2008, n. 38778 e Cassazione penale, sez. V, sentenza 18 gennaio 2010, n. 2100
Art. 572.
Maltrattamenti contro familiari e conviventi. (1)
Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da due a sei anni [c.p. 29, 31, 32] .
(…..)(2)
Se dal fatto deriva una lesione personale grave [c.p. 583], si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni.
(1) L’articolo è stato così sostituito dall’art. 4,L. 1 ottobre 2012, n. 172.
(2) Comma abrogato dall’art. 1, comma 1-bis, D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 ottobre 2013, n. 119.
Art. 573.
Sottrazione consensuale di minorenni.
Chiunque sottrae un minore, che abbia compiuto gli anni quattordici, col consenso di esso, al genitore esercente la responsabilità genitoriale o al tutore, ovvero lo ritiene contro la volontà del medesimo genitore o tutore, è punito, a querela di questo, con la reclusione fino a due anni. (1)
La pena è diminuita, se il fatto è commesso per fine di matrimonio; è aumentata, se è commesso per fine di libidine.
Si applicano le disposizioni degli articoli 525 e 544.
(1) Comma così modificato dall’art. 93, comma 1, lett. p), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 3 marzo 2009, n. 9531, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 28 settembre 2009, n. 38125, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 10 ottobre 2009, n. 40385 e Cassazione Penale, sez. III, sentenza 9 marzo 2010, n. 9242
Art. 574.
Sottrazione di persone incapaci.
Chiunque sottrae un minore degli anni quattordici, o un infermo di mente, al genitore esercente la responsabilità genitoriale, al tutore, o al curatore, o a chi ne abbia la vigilanza o la custodia, ovvero lo ritiene contro la volontà dei medesimi, è punito, a querela del genitore esercente la responsabilità genitoriale, del tutore o del curatore, con la reclusione da uno a tre anni. (1)
Alla stessa pena soggiace, a querela delle stesse persone, chi sottrae o ritiene un minore che abbia compiuto gli anni quattordici, senza il consenso di esso per fine diverso da quello di libidine o di matrimonio.
Si applicano le disposizioni degli articoli 525 e 544.
(1) Comma così modificato dall’art. 93, comma 1, lett. q), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 4 novembre 2009, n. 42370
Art. 574 bis.
Sottrazione e trattenimento di minore all’estero.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque sottrae un minore al genitore esercente la responsabilità genitoriale o al tutore, conducendolo o trattenendolo all’estero contro la volontà del medesimo genitore o tutore, impedendo in tutto o in parte allo stesso l’esercizio della responsabilità genitoriale, è punito con la reclusione da uno a quattro anni. (1)
Se il fatto di cui al primo comma è commesso nei confronti di un minore che abbia compiuto glia nni quattordici e con il suo consenso, si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni.
Se i fatti di cui al primo e secondo comma sono commessi da un genitore in danno del figlio minore, la condanna comporta la sospensione dall’esercizio della potestà dei genitori.
(1) Comma così modificato dall’art. 93, comma 1, lett. r), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.