CODICE PENALE
LIBRO SECONDO DEI DELITTI IN PARTICOLARE
TITOLO II – DEI DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Capo I
Dei delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione
Art. 314.
Peculato.
Il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro anni a dieci anni e sei mesi.
Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 24 luglio 2007, n. 30154, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 21 maggio 2008, n. 20326, Cassazione Penale, sez. VI,sentenza 30 aprile 2008, n. 17616, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 26 agosto 2008, n. 34157, Cassazione Penale, sez. II, sentenza 15 maggio 2009, n. 20515, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 20 maggio 2009, n. 21165, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 18 giugno 2009, n. 25541, Cassazione Penale, SS.UU.,sentenza 6 ottobre 2009, n. 38691 e Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 15 gennaio 2010, n. 1938
Art. 315.
Malversazione a danno di privati. (1)
(1) Articolo abrogato dall’art. 20, L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art. 316.
Peculato mediante profitto dell’errore altrui.
Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, il quale, nell’esercizio delle funzioni o del servizio, giovandosi dell’errore altrui, riceve o ritiene indebitamente, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Art. 316-bis.
Malversazione a danno dello Stato.
Chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità europee contributi, sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere od allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non li destina alle predette finalità, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.
Art. 316-ter.
Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato.
Salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall’articolo 640-bis, chiunque mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a euro 3.999,96 si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da euro 5.164 a euro 25.822. Tale sanzione non può comunque superare il triplo del beneficio conseguito.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. II, sentenza 11 dicembre 2008, n. 45845
Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da sei a dodici anni.
(1) Il presente articolo è stato così sostituito dall’art. 3, comma 1, lett. a), L. 27 maggio 2015, n. 69.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 2 gennaio 2009, n. 12, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 28 gennaio 2009, n. 3869, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 3 marzo 2009, n. 9528, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 14 aprile 2009, n. 15690, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 19 ottobre 2009, n. 40502 e Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 19 luglio 2010, n. 28110
Art. 317-bis.
Pene accessorie.
La condanna per il reato di cui agli articoli 314 e 317, 319 e 319 ter importa l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Nondimeno, se per circostanze attenuanti viene inflitta la reclusione per un tempo inferiore a tre anni, la condanna importa l’interdizione temporanea.
Art. 318.
Corruzione per l’esercizio della funzione.
Il pubblico ufficiale che, per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sè o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa è punito con la reclusione da uno a sei anni. (1)
(1) Comma così modificato dall’art. 1, comma 1, lett. e), L. 27 maggio 2015, n. 69.
Art. 319.
Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio.
Il pubblico ufficiale, che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei a dieci anni.
Art. 319-bis.
Circostanze aggravanti.
La pena è aumentata se il fatto di cui all’art. 319 ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l’amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene.
Art. 319-ter.
Corruzione in atti giudiziari.
Se i fatti indicati negli articoli 318 e 319 sono commessi per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo, si applica la pena della reclusione da sei a dodici anni.
Se dal fatto deriva l’ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque anni, la pena è della reclusione da sei a quattordici anni; se deriva l’ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o all’ergastolo, la pena è della reclusione da otto a venti anni. (1)
(1) Articolo così modificato dall’art. 1, comma 75, lett. h), L. 6 novembre 2012, n. 190 e, successivamente, dall’art. 1, comma 1, lett. g), L. 27 maggio 2015, n. 69.
Art. 319-quater.
Induzione indebita a dare o promettere utilità.
Il pubblico ufficiale, che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei a dieci anni.
Nei casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione fino a tre anni.
Art. 320.
Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio.
Le disposizioni degli articoli 318 e 319 si applicano anche all’incaricato di un pubblico servizio.
In ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore a un terzo.
Art. 321.
Pene per il corruttore.
Le pene stabilite nel primo comma dell’articolo 318, nell’articolo 319, nell’articolo 319-bis, nell’art. 319-ter, e nell’articolo 320 in relazione alle suddette ipotesi degli articoli 318 e 319, si applicano anche a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico servizio il denaro od altra utilità.
Art. 322.
Istigazione alla corruzione.
Chiunque offre o promette denaro od altra utilità non dovuti ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio, per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, soggiace, qualora l’offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell’articolo 318, ridotta di un terzo.
Se l’offerta o la promessa è fatta per indurre un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio ad omettere o a ritardare un atto del suo ufficio, ovvero a fare un atto contrario ai suoi doveri, il colpevole soggiace, qualora l’offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nell’articolo 319, ridotta di un terzo.
La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri.
La pena di cui al secondo comma si applica al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro od altra utilità da parte di un privato per le finalità indicate dall’articolo 319.
Art. 322-bis.
Peculato, concussione, induzione indebita dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri. (1) (2)
Le disposizioni degli articoli 314, 316, da 317 a 320 e 322, terzo e quarto comma, si applicano anche:
1) ai membri della Commissione delle Comunità europee, del Parlamento europeo, della Corte di Giustizia e della Corte dei conti delle Comunità europee;
2) ai funzionari e agli agenti assunti per contratto a norma dello statuto dei funzionari delle Comunità europee o del regime applicabile agli agenti delle Comunità europee;
3) alle persone comandate dagli Stati membri o da qualsiasi ente pubblico o privato presso le Comunità europee, che esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti delle Comunità europee;
4) ai membri e agli addetti a enti costituiti sulla base dei Trattati che istituiscono le Comunità europee;
5) a coloro che, nell’ambito di altri Stati membri dell’Unione europea, svolgono funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio;
5-bis) ai giudici, al procuratore, ai procuratori aggiunti, ai funzionari e agli agenti della Corte penale internazionale, alle persone comandate dagli Stati parte del Trattato istitutivo della Corte penale internazionale le quali esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti della Corte stessa, ai membri ed agli addetti a enti costituiti sulla base del Trattato istitutivo della Corte penale internazionale.
Le disposizioni degli articoli 319-quater, secondo comma, 321 e 322, primo e secondo comma, si applicano anche se il denaro o altra utilità è dato, offerto o promesso:
1) alle persone indicate nel primo comma del presente articolo;
2) a persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell’ambito di altri Stati esteri o organizzazioni pubbliche internazionali, qualora il fatto sia commesso per procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali ovvero al fine di ottenere o di mantenere un’attività economica finanziaria.
Le persone indicate nel primo comma sono assimilate ai pubblici ufficiali, qualora esercitino funzioni corrispondenti, e agli incaricati di un pubblico servizio negli altri casi.
(1) Articolo inserito dall’art. 3, L 29/9/2000 n. 300
(2) Rubrica dapprima modificata dall’art. 1, L. 6/11/2012, n. 190 e successivamente dall’art. 10, L. 20/12/2012 , n. 237
Art. 322-ter.
Confisca.
Nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti previsti dagli articoli da 314 a 320, anche se commessi dai soggetti indicati nell’articolo 322-bis, primo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.
Nel caso di condanna, o di applicazione della pena a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per il delitto previsto dall’articolo 321, anche se commesso ai sensi dell’articolo 322-bis, secondo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a quello di detto profitto e, comunque, non inferiore a quello del denaro o delle altre utilità date o promesse al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio o agli altri soggetti indicati nell’articolo 322-bis, secondo comma.
Nei casi di cui ai commi primo e secondo, il giudice, con la sentenza di condanna, determina le somme di denaro o individua i beni assoggettati a confisca in quanto costituenti il profitto o il prezzo del reato ovvero in quanto di valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 30 luglio 2007, n. 30966, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 2 agosto 2007, n. 31692, Cassazione Penale, sez. II,sentenza 29 ottobre 2008, n. 40425, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 9 aprile 2009, n. 15549, Cassazione Penale, sez. I, sentenza 11 novembre 2009, n. 42894, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 4 dicembre 2009, n. 46830 e Cassazione Penale, sez. III, sentenza 9 dicembre 2009, n. 46855
Art. 322-quater
Riparazione pecuniaria. (1)
Con la sentenza di condanna per i reati previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320 e 322-bis, è sempre ordinato il pagamento di una somma pari all’ammontare di quanto indebitamente ricevuto dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di un pubblico servizio a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell’amministrazione cui il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio appartiene, ovvero, nel caso di cui all’articolo 319-ter, in favore dell’amministrazione della giustizia, restando impregiudicato il diritto al risarcimento del danno.
(1) Articolo inserito dall’art. 4, comma 1, lett. a), L. 27 maggio 2015, n. 69.
Art. 323.
Abuso di ufficio.
Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico sevizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante gravità.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 7 novembre 2007, n. 40891, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 21 febbraio 2008, n. 7973, Cassazione Penale, sez. VI,sentenza 17 giugno 2008, n. 24663, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 19 giugno 2008, n. 25162, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 8 luglio 2008, n. 27936, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 1 ottobre 2008, n. 37354, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 25 giugno 2009, n. 25537, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 1 luglio 2009, n. 26699 e Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 8 febbraio 2010, n. 4979
Art. 323-bis.
Circostanze attenuanti (1)
Se i fatti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-quater, 320, 322, 322-bis e 323 sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite.
Per i delitti previsti dagli articoli 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322 e 322-bis, per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l’individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite, la pena è diminuita da un terzo a due terzi. (2)
(1) Rubrica così sostituita dall’art. 1, comma 1, lett. i), lett. b), L. 27 maggio 2015, n. 69.
(2)Comma aggiunto dall’art. 1, comma 1, lett. i), lett. a), L. 27 maggio 2015, n. 69.
Art. 324.
Interesse privato in atti di ufficio. (1)
(1) L’articolo è stato abrogato dall’art. 20, L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art. 325.
Utilizzazione d’invenzioni o scoperte conosciute per ragione d’ufficio.
Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che impiega, a proprio o altrui profitto, invenzioni o scoperte scientifiche, o nuove applicazioni industriali, che egli conosca per ragione dell’ufficio o servizio, e che debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa non inferiore a euro 516.
Art. 326.
Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio.
Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie d’ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se l’agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno.
Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie d’ufficio, le quali debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 24 luglio 2007, n. 30148, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 30 luglio 2007, n. 30968, Cassazione Penale, sez. VI,sentenza 11 ottobre 2007, n. 37559 e Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 12 ottobre 2009, n. 39706
Art. 327.
Eccitamento al dispregio e vilipendio delle istituzioni, delle leggi o degli atti dell’autorità. (1)
(1) Articolo abrogato dall’art. 18 della Legge 25 giugno 1999, n. 205.
Art. 328.
Rifiuto di atti d’ufficio. Omissione.
Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a euro 1.032. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 15 settembre 2008, n. 35344, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 30 dicembre 2008, n. 48379 e Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 3 dicembre 2009, n. 46512
Art. 329.
Rifiuto o ritardo di obbedienza commesso da un militare o da un agente della forza pubblica.
Il militare o l’agente della forza pubblica, il quale rifiuta o ritarda indebitamente di eseguire una richiesta fattagli dall’autorità competente nelle forme stabilite dalla legge, è punito con la reclusione fino a due anni.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 28 settembre 2009, n. 38119
Art. 330.
Abbandono collettivo di pubblici uffici, impieghi, servizi o lavoro (1)
(1) Articolo abrogato dall’art. 11 della Legge 12 giugno 1990, n. 146.
Art. 331.
Interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità.
Chi, esercitando imprese di servizi pubblici o di pubblica necessità, interrompe il servizio, ovvero sospende il lavoro nei suoi stabilimenti, uffici o aziende, in modo da turbare la regolarità del servizio, è punito con la reclusione da sei mesi a un anno e con la multa non inferiore a euro 516 .
I capi, promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da tre a sette anni e con la multa non inferiore a euro 3.098.
Si applica la disposizione dell’ultimo capoverso dell’articolo precedente.
Art. 332.
Omissione di doveri di ufficio in occasione di abbandono di un pubblico ufficio o di interruzione di un pubblico servizio. (1)
(1) Articolo abrogato dall’art. 18 della L. 25 giugno 1999, n. 205.
Art. 333.
Abbandono individuale di un pubblico ufficio, servizio o lavoro. (1)
(1) Articolo abrogato dall’art. 11 della Legge 12 giugno 1990, n. 146.
Art. 334.
Sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa.
Chiunque sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora una cosa sottoposta a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa e affidata alla sua custodia, al solo scopo di favorire il proprietario di essa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 516.
Si applicano la reclusione da tre mesi a due anni e la multa da euro 30 a euro 309 se la sottrazione, la soppressione, la distruzione, la dispersione o il deterioramento sono commessi dal proprietario della cosa affidata alla sua custodia.
La pena è della reclusione da un mese ad un anno e della multa fino a euro 309, se il fatto è commesso dal proprietario della cosa medesima non affidata alla sua custodia.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 1 ottobre 2007, n. 44287, Tribunale di Torre Annunziata, sentenza 9 novembre 2007 e Cassazione Penale, sez. VI,sentenza 15 gennaio 2008, n. 2168
Art. 335.
Violazione colposa di doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa.
Chiunque, avendo in custodia una cosa sottoposta a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa, per colpa ne cagiona la distruzione o la dispersione, ovvero ne agevola la sottrazione o la soppressione, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a euro 309.
Art. 335-bis.
Disposizioni patrimoniali.
Salvo quanto previsto dall’articolo 322-ter, nel caso di condanna per delitti previsti dal presente capo è comunque ordinata la confisca anche nelle ipotesi previste dall’articolo 240, primo comma.
Capo II
Dei delitti dei privati contro la Pubblica Amministrazione
Art. 336.
Violenza o minaccia a un pubblico ufficiale.
Chiunque usa violenza o minaccia a un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio, per costringerlo a fare un atto contrario ai propri doveri, o ad omettere un atto dell’ufficio o del servizio, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
La pena è della reclusione fino a tre anni, se il fatto è commesso per costringere alcuna delle persone anzidette a compiere un atto del proprio ufficio o servizio, o per influire, comunque, su di essa.
Art. 337.
Resistenza a un pubblico ufficiale.
Chiunque usa violenza o minaccia per opporsi a un pubblico ufficiale, o ad un incaricato di un pubblico servizio, mentre compie un atto d’ufficio o di servizio, o a coloro che, richiesti, gli prestano assistenza, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Art. 337-bis.
Occultamento, custodia o alterazione di mezzi di trasporto.
Chiunque occulti o custodisca mezzi di trasporto di qualsiasi tipo che, rispetto alle caratteristiche omologate, presentano alterazioni o modifiche o predisposizioni tecniche tali da costituire pericolo per l’incolumità fisica degli operatori di polizia, è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 2.582 a euro 10.329.
La stessa pena di cui al primo comma si applica a chiunque altera mezzi di trasporto operando modifiche o predisposizioni tecniche tali da costituire pericolo per l’incolumità fisica degli operatori di polizia.
Se il colpevole è titolare di concessione o autorizzazione o licenza o di altro titolo abilitante l’attività, alla condanna consegue la revoca del titolo che legittima la medesima attività.
Art. 338.
Violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario.
Chiunque usa violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario o ad una rappresentanza di esso o ad una qualsiasi pubblica autorità costituita in collegio, per impedirne, in tutto o in parte, anche temporaneamente, o per turbarne comunque l’attività, è punito con la reclusione da uno a sette anni.
Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto per influire sulle deliberazioni collegiali di imprese che esercitano servizi pubblici o di pubblica necessità, qualora tali deliberazioni abbiano per oggetto l’organizzazione o l’esecuzione dei servizi.
Art. 339.
Circostanze aggravanti.
Le pene stabilite nei tre articoli precedenti sono aumentate se la violenza o la minaccia è commessa con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite, o con scritto anonimo, o in modo simbolico, o valendosi della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni, esistenti o supposte.
Se la violenza o la minaccia è commessa da più di cinque persone riunite, mediante uso di armi anche soltanto da parte di una di esse, ovvero da più di dieci persone, pur senza uso di armi, la pena è, nei casi preveduti dalla prima parte dell’articolo 336 e dagli articoli 337 e 338, della reclusione da tre a quindici anni e, nel caso preveduto dal capoverso dell’articolo 336, della reclusione da due a otto anni.
Le disposizioni di cui al secondo comma si applicano anche, salvo che il fatto costituisca più grave reato, nel caso in cui la violenza o la minaccia sia commessa mediante il lancio o l’utilizzo di corpi contundenti o altri oggetti atti ad offendere, compresi gli artifici pirotecnici, in modo da creare pericolo alle persone.
Art. 340.
Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità.
Chiunque, fuori dei casi preveduti da particolari disposizioni di legge cagiona un’interruzione o turba la regolarità di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità è punito con la reclusione fino a un anno.
I capi promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni.
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Cfr. Cassazione penale, sez. II, sentenza 20 settembre 2007, n. 35178 e Tribunale di Montepulciano, sentenza 20 febbraio 2009, n. 74
Art. 341.
[Oltraggio a un pubblico ufficiale. (1)
Chiunque offende l’onore o il prestigio di un pubblico ufficiale, in presenza di lui e a causa o nell’esercizio delle sue funzioni, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni. La stessa pena si applica a chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritto o disegno, diretti al pubblico ufficiale, e a causa delle sue funzioni. La pena è della reclusione da uno a tre anni, se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato. Le pene sono aumentate quando il fatto è commesso con violenza o minaccia, ovvero quando l’offesa è recata in presenza di una o più persone]
(1) Articolo abrogato dall’art. 18 della Legge 25 giugno 1999, n. 205.
Art. 341-bis.
Oltraggio a pubblico ufficiale. (1)
Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offende l’onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni è punito con la reclusione fino a tre anni.
La pena è aumentata se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato. Se la verità del fatto è provata o se per esso l’ufficiale a cui il fatto è attribuito è condannato dopo l’attribuzione del fatto medesimo, l’autore dell’offesa non è punibile.
Ove l’imputato, prima del giudizio, abbia riparato interamente il danno, mediante risarcimento di esso sia nei confronti della persona offesa sia nei confronti dell’ente di appartenenza della medesima, il reato è estinto.
(1) La disposizione in esame è stata aggiunta dall’art. 1, comma 8, della l. 15 luglio 2009, n. 94 (c.d. pacchetto sicurezza), che ha quindi reintrodotto, seppur con qualche variazione, il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, fino al 1999 previsto dall’art.341 e quindi abrogato dalla l. 25 aprile 1999, n. 205 (art. 18, comma 1).
Art. 342.
Oltraggio a un corpo politico, amministrativo o giudiziario.
Chiunque offende l’onore o il prestigio di un corpo politico, amministrativo o giudiziario, o di una rappresentanza di esso, o di una pubblica autorità costituita in collegio, al cospetto del corpo, della rappresentanza o del collegio, è punito con la con la multa da euro 1.000 a euro 5.000.
La stessa pena si applica a chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica, o con scritto o disegno diretti al corpo, alla rappresentanza o al collegio, a causa delle sue funzioni.
La pena è della multa da euro 2.000 a euro 6.000 se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato.
Si applica la disposizione dell’ultimo capoverso dell’articolo precedente.
Art. 343.
Oltraggio a un magistrato in udienza.
Chiunque offende l’onore o il prestigio di un magistrato in udienza è punito con la reclusione fino a tre anni.
La pena è della reclusione da due a cinque anni se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato.
Le pene sono aumentate se il fatto è commesso con violenza o minaccia.
Art. 343-bis.
Corte penale internazionale.
Le disposizioni degli articoli 336, 337, 338, 339, 340, 342 e 343 si applicano anche quando il reato è commesso nei confronti:
a) della Corte penale internazionale;
b) dei giudici, del procuratore, dei procuratori aggiunti, dei funzionari e degli agenti della Corte stessa;
c) delle persone comandate dagli Stati parte del Trattato istitutivo della Corte penale internazionale, le quali esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti della Corte stessa;
d) dei membri e degli addetti a enti costituiti sulla base del Trattato istitutivo della Corte penale internazionale.
Art. 344.
Oltraggio a un pubblico impiegato. (1)
(1) Articolo abrogato dall’art. 18 della L. 25 giugno 1999, n. 205.
Art. 345.
Offesa all’autorità mediante danneggiamento di affissioni.
Chiunque, per disprezzo verso l’autorità, rimuove, lacera, o, altrimenti, rende illegibili o comunque inservibili scritti o disegni affissi o esposti al pubblico per ordine dell’autorità stessa, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 103 a euro 619.
Art. 346.
Millantato credito.
Chiunque, millantando credito presso un pubblico ufficiale, o presso un pubblico impiegato che presti un pubblico servizio, riceve o fa dare o fa promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione verso il pubblico ufficiale o impiegato, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 309 a euro 2.065.
La pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 516 a euro 3.098, se il colpevole riceve o fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, col pretesto di dover comprare il favore di un pubblico ufficiale o impiegato, o di doverlo remunerare.
Art. 346-bis.
Traffico di influenze illecite. (1)
Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 319 e 319-ter, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sè o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio ovvero per remunerarlo, in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio, è punito con la reclusione da uno a tre anni.
La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altro vantaggio patrimoniale.
La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sè o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio.
Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all’esercizio di attività giudiziarie.
Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita.
(1) Articolo aggiunto dall’art. 1, L. 6 novembre 2012, n. 190.
Art. 347.
Usurpazione di funzioni pubbliche.
Chiunque usurpa una funzione pubblica o le attribuzioni inerenti a un pubblico impiego è punito con la reclusione fino a due anni.
Alla stessa pena soggiace il pubblico ufficiale o impiegato il quale, avendo ricevuta partecipazione del provvedimento che fa cessare o sospendere le sue funzioni o le sue attribuzioni, continua ad esercitarle.
La condanna importa la pubblicazione della sentenza.Codice Penale
Art. 348.
Abusivo esercizio di una professione.
Chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da euro 103 a euro 516.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 6 settembre 2007, n. 34200, Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 3 giugno 2008, n. 22144 e Cassazione Penale, sez. IV,sentenza 30 gennaio 2009, n. 4294
Art. 349.
Violazione di sigilli.
Chiunque viola i sigilli, per disposizione della legge o per ordine dell’autorità apposti al fine di assicurare la conservazione o l’identità di una cosa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032
Se il colpevole è colui che ha in custodia la cosa, la pena è della reclusione da tre a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 3.098.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. III, sentenza 17 gennaio 2008, n. 2461 Vedi anche Simone Marani, Fermo amministrativo: custode usa l’auto? E’ violazione dei sigilli, nota a Cass. Pen., sez. III, sent. 18 luglio 2012, n. 28979.
Art. 350.
Agevolazione colposa.
Se la violazione dei sigilli è resa possibile, o comunque agevolata, per colpa di chi ha in custodia la cosa, questi è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 154 a euro 929.
Art. 351.
Violazione della pubblica custodia di cose.
Chiunque sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora corpi di reato, atti, documenti, ovvero un’altra cosa mobile particolarmente custodita in un pubblico ufficio, o presso un pubblico ufficiale o un impiegato che presti un pubblico servizio, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione da uno a cinque anni .Codice Penale
Art. 352.
Vendita di stampati dei quali è stato ordinato il sequestro.
Chiunque vende, distribuisce o affigge, in luogo pubblico o aperto al pubblico, scritti o disegni, dei quali l’autorità ha ordinato il sequestro, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 103 a euro 619.
Art. 353.
Turbata libertà degli incanti.
Chiunque, con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, impedisce o turba la gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private per conto di pubbliche amministrazioni, ovvero ne allontana gli offerenti, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032.
Se il colpevole è persona preposta dalla legge o dall’autorità agli incanti o alle licitazioni suddette, la reclusione è da uno a cinque anni e la multa da euro 516 a euro 2.065.
Le pene stabilite in questo articolo si applicano anche nel caso di licitazioni private per conto di privati, dirette da un pubblico ufficiale o da persona legalmente autorizzata; ma sono ridotte alla metà.
Art. 353-bis.
Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032
Art. 354.
Astensione dagli incanti.
Chiunque, per denaro, dato o promesso a lui o ad altri, o per altra utilità a lui o ad altri data o promessa, si astiene dal concorrere agli incanti o alle licitazioni indicati nell’articolo precedente, è punito con la reclusione sino a sei mesi o con la multa fino a euro 516.
Art. 355.
Inadempimento di contratti di pubbliche forniture.
Chiunque, non adempiendo gli obblighi che gli derivano da un contratto di fornitura concluso con lo Stato, o con un altro ente pubblico, ovvero con un’impresa esercente servizi pubblici o di pubblica necessità, fa mancare, in tutto o in parte, cose od opere, che siano necessarie a uno stabilimento pubblico o ad un pubblico servizio, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 103.
La pena è aumentata se la fornitura concerne:
1) sostanze alimentari o medicinali, ovvero cose od opere destinate alle comunicazioni per terra, per acqua o per aria, o alle comunicazioni telegrafiche o telefoniche;
2) cose od opere destinate all’armamento o all’equipaggiamento delle forze armate dello Stato;
3) cose od opere destinate ad ovviare a un comune pericolo o ad un pubblico infortunio.
Se il fatto è commesso per colpa, si applica la reclusione fino a un anno, ovvero la multa da euro 51 a euro 2.065.
Le stesse disposizioni si applicano ai subfornitori, ai mediatori e ai rappresentanti dei fornitori, quando essi, violando i loro obblighi contrattuali, hanno fatto mancare la fornitura.
Art. 356.
Frode nelle pubbliche forniture.
Chiunque commette frode nell’esecuzione dei contratti di fornitura o nell’adempimento degli altri obblighi contrattuali indicati nell’articolo precedente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa non inferiore a euro 1.032.
La pena è aumentata nei casi preveduti dal primo capoverso dell’articolo precedente.
Capo III
Disposizioni comuni ai capi precedenti
Art. 357.
Nozione del pubblico ufficiale.
Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.
Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi.
Art. 358.
Nozione della persona incaricata di un pubblico servizio.
Agli effetti della legge penale, sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio.
Per pubblico servizio deve intendersi un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata, dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale.
Art. 359.
Persone esercenti un servizio di pubblica necessità.
Agli effetti della legge penale, sono persone che esercitano un servizio di pubblica necessità:
1) i privati che esercitano professioni forensi o sanitarie, o altre professioni il cui esercizio sia per legge vietato senza una speciale abilitazione dello Stato, quando dell’opera di essi il pubblico sia per legge obbligato a valersi;
2) i privati che, non esercitando una pubblica funzione, né prestando un pubblico servizio, adempiono un servizio dichiarato di pubblica necessità mediante un atto della pubblica amministrazione.
Art. 360.
Cessazione della qualità di pubblico ufficiale.
Quando la legge considera la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio, o di esercente un servizio di pubblica necessità , come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un reato, la cessazione di tale qualità, nel momento in cui il reato è commesso, non esclude l’esistenza di questo né la circostanza aggravante se il fatto si riferisce all’ufficio o al servizio esercitato.