Procedura Civile – Libro I – Disposizioni generali – Titolo I – Degli organi giudiziari (artt. 1-68)

Libro primo: DISPOSIZIONI GENERALI

Titolo I: DEGLI ORGANI GIUDIZIARI

Capo I: DEL GIUDICE

Sezione I:

DELLA GIURISDIZIONE E DELLA COMPETENZA IN GENERALE

Art. 1.
(Giurisdizione dei giudici ordinari)

La giurisdizione civile, salvo speciali disposizioni di legge, è esercitata dai giudici ordinari secondo le norme del presente codice.

Art. 2. (1)
(Inderogabilità convenzionale della giurisdizione)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “La giurisdizione italiana non può essere convenzionalmente derogata a favore di una giurisdizione straniera, né di arbitri che pronuncino all’estero, salvo che si tratti di causa relativa ad obbligazioni tra stranieri o tra uno straniero e un cittadino non residente né domiciliato nella Repubblica e la deroga risulti da atto scritto.” è statoabrogato dall’art. 73, L. 31 maggio 1995, n. 218.

Art. 3. (1)
(Pendenza di lite davanti a giudice straniero)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “La giurisdizione italiana non è esclusa dalla pendenza davanti a un giudice straniero della medesima causa o di altra con questa connessa.” è stato abrogato dall’art. 73, L. 31 maggio 1995, n. 218.

Art. 4. (1)
(Giurisdizione rispetto allo straniero)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “Lo straniero può essere convenuto davanti ai giudici della Repubblica:
1) se quivi è residente o domiciliato, anche elettivamente, o vi ha un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma dell’articolo 77, oppure se ha accettato la giurisdizione italiana, salvo che la domanda sia relativa a beni immobili situati all’estero;
2) se la domanda riguarda beni esistenti nella Repubblica o successioni ereditarie di cittadino italiano o aperte nella Repubblica, oppure obbligazioni quivi sorte o da eseguirsi;
3) se la domanda è connessa con altra pendente davanti al giudice italiano, oppure riguarda provvedimenti cautelari da eseguirsi nella Repubblica o relativi a rapporti dei quali il giudice italiano può conoscere;
4) se, nel caso reciproco, il giudice dello Stato al quale lo straniero appartiene può conoscere delle domande proposte contro un cittadino italiano.”
è stato abrogato dall’art. 73, L. 31 maggio 1995, n. 218.

Art. 5. (1)
(Momento determinante della giurisdizione e della competenza)

La giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, e non hanno rilevanza rispetto ad esse i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 2, L. 26 novembre 1990, n. 353.
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Cfr. Cass. Civ., SS.UU., sentenza 1 luglio 2009, n. 15377

Art. 6.
(Inderogabilità convenzionale della competenza)

La competenza non può essere derogata per accordo delle parti, salvo che nei casi stabiliti dalla legge.

Sezione II: DELLA COMPETENZA PER MATERIA E VALORE

Art. 7. (1)
(Competenza del giudice di pace)

Il giudice di pace è competente per le cause relative a beni mobili di valore non superiore euro 5.000,00, quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice

Il giudice di pace è altresì competente per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti, purché il valore della controversia non superi euro 20.000,00.

È competente qualunque ne sia il valore:

1) per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi;

2) per le cause relative alla misura ed alle modalità d’uso dei servizi di condominio di case;

3) per le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità;

3-bis) per le cause relative agli interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali.

(1) Articolo aggiornato con le modifiche introdotte dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 8. (1)
(Competenza del pretore)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “Il pretore è competente per le cause, anche se relative a beni immobili, di valore non superiore a lire cinquanta milioni, in quanto non siano di competenza del giudice di pace.
E’ competente, qualunque ne sia il valore:
1) per le azioni possessorie, salvo il disposto dell’articolo 704, e per le denunce di nuova opera e di danno temuto, salvo il disposto dell’articolo 688, secondo comma;
2) per le cause relative ad apposizione di termini e osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi;
3) per le cause relative a rapporti di locazione e di comodato di immobili urbani e per quelle di affitto di aziende, in quanto non siano di competenza delle sezioni specializzate agrarie;
4) per le cause relative alla misura e alle modalità di uso dei servizi di condominio di case.”
è stato abrogato dal D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 9. (1)
(Competenza del tribunale)

Il tribunale è competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice.
Il tribunale è altresì esclusivamente competente per tutte le cause in materia di imposte e tasse, per quelle relative allo stato e alla capacità delle persone e ai diritti onorifici, per la querela di falso, per l’esecuzione forzata e, in generale, per ogni causa di valore indeterminabile.

(1) Articolo così sostituito dal D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 10.
(Determinazione del valore)

Il valore della causa, ai fini della competenza, si determina dalla domanda a norma delle disposizioni seguenti.
A tale effetto le domande proposte nello stesso processo contro la medesima persona si sommano tra loro, e gli interessi scaduti, le spese e i danni, anteriori alla proposizione si sommano col capitale.

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Cfr. Cass. Civ., SS.UU., sentenza 24 luglio 2007, n. 16300 

Art. 11.
(Cause relative a quote di obbligazione tra più parti)

Se è chiesto da più persone o contro più persone l’adempimento per quote di un’obbligazione, il valore della causa si determina dall’intera obbligazione.

Art. 12.
(Cause relative a rapporti obbligatori, a locazioni e a divisioni)

Il valore delle cause relative all’esistenza, alla validità o alla risoluzione di un rapporto giuridico obbligatorio si determina in base a quella parte del rapporto che è in contestazione.
(…) (1)
Il valore delle cause per divisione si determina da quello della massa attiva da dividersi.

(1) Il comma che recitava: “Nelle cause per finita locazione d’immobili il valore si determina in base all’ammontare del fitto o della pigione per un anno, ma se sorge controversia sulla continuazione della locazione, il valore si determina cumulando i fitti o le pigioni relativi al periodo controverso.” è stato abrogato dall’art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 13.
(Cause relative a prestazioni alimentari e a rendite)

Nelle cause per prestazioni alimentari periodiche, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni.
Nelle cause relative a rendite perpetue, se il titolo è controverso, il valore si determina cumulando venti annualità; nelle cause relative a rendite temporanee o vitalizie, cumulando le annualità domandate fino a un massimo di dieci.
Le regole del comma precedente si applicano anche per determinare il valore delle cause relative al diritto del concedente.

Art. 14.
(Cause relative a somme di danaro e a beni mobili)

Nelle cause relative a somme di danaro o a beni mobili, il valore si determina in base alla somma indicata o al valore dichiarato dall’attore; in mancanza di indicazione o dichiarazione, la causa si presume di competenza del giudice adito.
Il convenuto puo’ contestare, ma soltanto nella prima difesa, il valore come sopra dichiarato o presunto; in tal caso il giudice decide, ai soli fini della competenza, in base a quello che risulta dagli atti e senza appArt. 16. (1)
(Esecuzione forzata)osita istruzione.
Se il convenuto non contesta il valore dichiarato o presunto, questo rimane fissato, anche agli effetti del merito, nei limiti della competenza del giudice adito.

Art. 15. (1)
(Cause relative a beni immobili)

Il valore delle cause relative a beni immobili e’ determinato moltiplicando il reddito dominicale del terreno e la rendita catastale del fabbricato alla data della proposizione della domanda: per duecento per le cause relative alla proprieta’; per cento per le cause relative all’usufrutto, all’uso, all’abitazione, alla nuda proprieta’ e al diritto dell’enfiteuta; per cinquanta con riferimento al fondo servente per le cause relative alle servitu’.
Il valore delle cause per il regolamento di confini si desume dal valore della parte di proprieta’ controversa, se questa e’ determinata; altrimenti il giudice lo determina a norma del comma seguente.
Se per l’immobile all’atto della proposizione della domanda non risulta il reddito dominicale o la rendita catastale, il giudice determina il valore della causa secondo quanto emerge dagli atti, se questi non offrono elementi per la stima, ritiene la causa di valore indeterminabile.

(1) Articolo cosi’ sostituito dalla L. 30 luglio 1984, n. 399.

Art. 16. (1)
(Esecuzione forzata)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “Per la consegna e il rilascio di cose e per l’espropriazione forzata di cose mobili e di crediti è competente il pretore.
Per l’espropriazione forzata di cose immobili è competente il tribunale.
Se cose mobili sono soggette all’espropriazione forzata insieme con l’immobile nel quale si trovano, per l’espropriazione è competente il tribunale anche relativamente ad esse.
Per l’esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare è competente il pretore.”
è stato abrogato dal D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 17.
(Cause relative all’esecuzione forzata)

Il valore delle cause di opposizione all’esecuzione forzata si determina dal credito per cui si procede: quello delle cause relative alle opposizioni proposte da terzi a norma dell’articolo 619, dal valore dei beni controversi; quello delle cause relative a controversie sorte in sede di distribuzione, dal valore del maggiore dei crediti contestati.

Sezione III: DELLA COMPETENZA PER TERRITORIO

Art. 18.
(Foro generale delle persone fisiche)

Salvo che la legge disponga altrimenti, è competente il giudice del luogo in cui il convenuto ha la residenza o il domicilio, e, se questi sono sconosciuti, quello del luogo in cui il convenuto ha la dimora.
Se il convenuto non ha residenza, né domicilio, né dimora nello Stato o se la dimora è sconosciuta, è competente il giudice del luogo in cui risiede l’attore.

Art. 19.
(Foro generale delle persone giuridiche e delle associazioni non riconosciute)

Salvo che la legge disponga altrimenti, qualora sia convenuta una persona giuridica, è competente il giudice del luogo dove essa ha sede. E’ competente altresì il giudice del luogo dove la persona giuridica ha uno stabilimento e un rappresentante autorizzato a stare in giudizio per l’oggetto della domanda.
Ai fini della competenza, le società non aventi personalità giuridica, le associazioni non riconosciute e i comitati di cui agli articoli 36 ss. del codice civile hanno sede dove svolgono attività in modo continuativo.

Art. 20.
(Foro facoltativo per le cause relative a diritti di obbligazione)

Per le cause relative a diritti di obbligazione è anche competente il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l’obbligazione dedotta in giudizio.

Art. 21.
(Foro per le cause relative a diritti reali e ad azioni possessorie)

Per le cause relative a diritti reali su beni immobili, per le cause in materia di locazione e comodato di immobili e di affitto di aziende, nonché per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi, è competente il giudice del luogo dove è posto l’immobile o l’azienda. (1) Qualora l’immobile sia compreso in più circoscrizioni giudiziarie, è competente il giudice della circoscrizione nella quale è compresa la parte soggetta a maggior tributo verso lo Stato; quando non è sottoposto a tributo, è competente ogni giudice nella cui circoscrizione si trova una parte dell’immobile.
Per le azioni possessorie e per la denuncia di nuova opera e di danno temuto e’ competente il giudice del luogo nel quale è avvenuto il fatto denunciato.

(1) Periodo così sostituito dal D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 22.
(Foro per le cause ereditarie)

E’ competente il giudice del luogo dell’aperta successione per le cause:
1) relative a petizione o divisione di eredità e per qualunque altra tra coeredi fino alla divisione;
2) relative alla rescissione della divisione e alla garanzia delle quote, purché proposte entro un biennio dalla divisione;
3) relative a crediti verso il defunto o a legati dovuti dall’erede, purché proposte prima della divisione e in ogni caso entro un biennio dall’apertura della successione;
4) contro l’esecutore testamentario, purché proposte entro i termini indicati nel numero precedente.
Se la successione si è aperta fuori della Repubblica, le cause suindicate sono di competenza del giudice del luogo in cui è posta la maggior parte dei beni situati nella Repubblica, o, in mancanza di questi, del luogo di residenza del convenuto o di alcuno dei convenuti.

Art. 23.
(Foro per le cause tra soci e tra condomini)

Per le cause tra soci è competente il giudice del luogo dove ha sede la società; per le cause tra condomini, ovvero tra condomini e condominio, il giudice del luogo dove si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi. (1)
Tale norma si applica anche dopo lo scioglimento della società o del condominio, purché la domanda sia proposta entro un biennio dalla divisione.

(1) Le parole: “ovvero tra condomini e condominio,” sono state aggiunte dall’art. 31, L. 11 dicembre 2012, n. 220, in vigore dal 17 giugno 2013.

Art. 24.
(Foro per le cause relative alle gestioni tutelari e patrimoniali)

Per le cause relative alla gestione di una tutela o di un’amministrazione patrimoniale conferita per legge o per provvedimento dell’autorità è competente il giudice del luogo d’esercizio della tutela o dell’amministrazione.

Art. 25.
(Foro della pubblica amministrazione)

Per le cause nelle quali è parte un’amministrazione dello Stato è competente, a norma delle leggi speciali sulla rappresentanza e difesa dello Stato in giudizio e nei casi ivi previsti, il giudice del luogo dove ha sede l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato, nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie. Quando l’amministrazione è convenuta, tale distretto si determina con riguardo al giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l’obbligazione o in cui si trova la cosa mobile o immobile oggetto della domanda.

Art. 26.
(Foro dell’esecuzione forzata)

Per l’esecuzione forzata su cose mobili o immobili è competente il giudice del luogo in cui le cose si trovano.
Per l’esecuzione forzata su autoveicoli, motoveicoli e rimorchi è competente il giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede. (1)
Per l’esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare è competente il giudice del luogo dove l’obbligo deve essere adempiuto.

(1) Comma così sostituito dall’art. 19, comma 1, lett. a), D.L. 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 novembre 2014, n. 162; per l’applicazione di tale disposizione, vedi l’art. 19, comma 6 del medesimo D.L. 132/2014.

Art. 26-bis
(Foro relativo all’espropriazione forzata di crediti) (1)

Quando il debitore è una delle pubbliche amministrazioni indicate dall’articolo 413, quinto comma, per l’espropriazione forzata di crediti è competente, salvo quanto disposto dalle leggi speciali, il giudice del luogo dove il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.
Fuori dei casi di cui al primo comma, per l’espropriazione forzata di crediti è competente il giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.

(1) Articolo inserito dall’art. 19, comma 1, lett. b), D.L. 12 settembre 2014, n. 132 convertito, con modificazioni, dalla L. 10 novembre 2014, n. 162; per l’applicazione di tale disposizione, vedi l’art. 19, comma 6 del medesimo D.L. 132/2014.

Art. 27.
(Foro relativo alle opposizioni all’esecuzione)

Per le cause di opposizione all’esecuzione forzata di cui agli artt. 615 e 619 e’ competente il giudice del luogo dell’esecuzione, salva la disposizione dell’art. 480 terzo comma.
Per le cause di opposizione a singoli atti esecutivi è competente il giudice davanti al quale si svolge l’esecuzione.

Art. 28.
(Foro stabilito per accordo delle parti)

La competenza per territorio puo’ essere derogata per accordo delle parti, salvo che per le cause previste nei nn. 1, 2, 3 e 5 dell’art. 70, per i casi di esecuzione forzata, di opposizione alla stessa, di procedimenti cautelari e possessori, di procedimenti in camera di consiglio e per ogni altro caso in cui l’inderogabilità sia disposta espressamente dalla legge.

Art. 29.
(Forma ed effetti dell’accordo delle parti)

L’accordo delle parti per la deroga della competenza territoriale deve riferirsi ad uno o più affari determinati e risultare da atto scritto.
L’accordo non attribuisce al giudice designato competenza esclusiva quando ciò non è espressamente stabilito.

Art. 30.
(Foro del domicilio eletto)

Chi ha eletto domicilio a norma dell’art. 47 c.c. può essere convenuto davanti al giudice del domicilio stesso.

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Cfr. Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 9 ottobre 2008, n. 24883

Art. 30-bis. (1)
(Foro per le cause in cui sono parti i magistrati)

Le cause in cui sono comunque parti magistrati, che secondo le norme del presente capo sarebbero attribuite alla competenza di un ufficio giudiziario compreso nel distretto di corte d’appello in cui il magistrato esercita le proprie funzioni, sono di competenza del giudice, ugualmente competente per materia, che ha sede nel capoluogo del distretto di corte d’appello determinato ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale. (2)
Se nel distretto determinato ai sensi del primo comma il magistrato è venuto ad esercitare le proprie funzioni successivamente alla sua chiamata in giudizio, è competente il giudice che ha sede nel capoluogo del diverso distretto di corte d’appello individuato ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale con riferimento alla nuova destinazione.

(1) La Corte Costituzionale con sentenza 12 novembre 2002, n. 444 ha dichiarato la illegittimita’ costituzionale, nella parte in cui si applica ai processi di esecuzione forzata promossi da o contro magistrati in servizio nel distretto di corte d’appello comprendente l’ufficio giudiziario competente ai sensi dell’art. 26 del codice di procedura civile.
(2) La Corte Costituzionale con sentenza 25 maggio 2004, n. 147 ha stabilito l’illegittimità costituzionale dell’art. 30-bis, comma 1, c.p.c., il quale prevede una deroga alla competenza territoriale del giudice civile per le cause riguardanti magistrati, salvo che nella parte relativa alle azioni civili concernenti le restituzioni e il risarcimento del danno da reato, nei termini di cui all’art. 11 c.p.p.

Sezione IV: DELLE MODIFICAZIONI DELLA COMPETENZA PER RAGIONE DI CONNESSIONE

Art. 31.
(Cause accessorie)

La domanda accessoria puo’ essere proposta al giudice territorialmente competente per la domanda principale affinché sia decisa nello stesso processo, osservata, quanto alla competenza per valore, la disposizione dell’art. 10 secondo comma.
[Puo’ tuttavia essere proposta allo stesso giudice anche se eccede la sua competenza per valore, qualora la competenza per la causa principale sia determinata per ragione di materia.] (1)

(1) Comma abrogato dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 32. (1)
(Cause di garanzia)

La domanda di garanzia puo’ essere proposta al giudice competente per la causa principale affinché sia decisa nello stesso processo. Qualora essa ecceda la competenza per valore del giudice adito, questi rimette entrambe le cause al giudice superiore assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione.

(1) Articolo così sostituito dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 33.
(Cumulo soggettivo)

Le cause contro piu’ persone che a norma degli artt. 18 e 19 dovrebbero essere proposte davanti a giudici diversi, se sono connesse per l’oggetto o per il titolo possono essere proposte davanti al giudice del luogo di residenza o domicilio di una di esse, per essere decise nello stesso processo.

Art. 34.
(Accertamenti incidentali)

Il giudice, se per legge o per esplicita domanda di una delle parti è necessario decidere con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale che appartiene per materia o valore alla competenza di un giudice superiore, rimette tutta la causa a quest’ultimo, assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione della causa davanti a lui.

Art. 35.
(Eccezione di compensazione)

Quando e’ opposto in compensazione un credito che è contestato ed eccede la competenza per valore del giudice adito, questi, se la domanda è fondata su titolo non controverso o facilmente accertabile, può decidere su di essa e rimettere le parti al giudice competente per la decisione relativa all’eccezione di compensazione, subordinando, quando occorre, l’esecuzione della sentenza alla prestazione di una cauzione; altrimenti provvede a norma dell’articolo precedente.

Art. 36.
(Cause riconvenzionali)

Il giudice competente per la causa principale conosce anche delle domande riconvenzionali che dipendono dal titolo dedotto in giudizio dall’attore o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione, purché non eccedano la sua competenza per materia o valore; altrimenti applica le disposizioni dei due articoli precedenti.

 

Sezione V: DEL DIFETTO DI GIURISDIZIONE, DELL’INCOMPETENZA E DELLA LITISPENDENZA (1)

(1) Si veda l’art. 59 della Legge 18 giugno 2009, n. 69, che così dispone:
“ Art. 59 Decisione delle questioni di giurisdizione
1. Il giudice che, in materia civile, amministrativa, contabile, tributaria o di giudici speciali, dichiara il proprio difetto di giurisdizione indica altresì, se esistente, il giudice nazionale che ritiene munito di giurisdizione. La pronuncia sulla giurisdizione resa dalle sezioni unite della Corte di cassazione è vincolante per ogni giudice e per le parti anche in altro processo.
2. Se, entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia di cui al comma 1, la domanda è riproposta al giudice ivi indicato, nel successivo processo le parti restano vincolate a tale indicazione e sono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali che la domanda avrebbe prodotto se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato adito fin dall’instaurazione del primo giudizio, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute. Ai fini del presente comma la domanda si ripropone con le modalità e secondo le forme previste per il giudizio davanti l giudice adito in relazione al rito applicabile.
3. Se sulla questione di giurisdizione non si sono già pronunciate, nel processo, le sezioni unite della Corte di cassazione, il giudice davanti al quale la causa è riassunta può sollevare d’ufficio, con ordinanza, tale questione davanti alle medesime sezioni unite della Corte di cassazione, fin alla prima udienza fissata per la trattazione del merito. Restano ferme le disposizioni sul regolamento preventivo di giurisdizione.
4. L’inosservanza dei termini fissati ai sensi del presente articolo per la riassunzione o per la prosecuzione del giudizio comporta l’estinzione del processo, che è dichiarata anche d’ufficio alla prima udienza, e impedisce la conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda.
5. In ogni caso di riproposizione della domanda davanti al giudice di cui al comma1, le prove raccolte nel processo davanti al giudice privo di giurisdizione possono essere valutate come argomenti di prova.”

Art. 37.
(Difetto di giurisdizione)

Il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione o dei giudici speciali e’ rilevato, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo.
[Il difetto di giurisdizione del giudice italiano nei confronti dello straniero e’ rilevato dal giudice d’ufficio in qualunque stato e grado del processo relativamente alle cause che hanno per oggetto beni immobili situati all’estero; in ogni altro caso e’ rilevato, egualmente d’ufficio, dal giudice se il convenuto e’ contumace, e puo’ essere rilevato soltanto dal convenuto costituito che non abbia accettato espressamente o tacitamente la giurisdizione italiana.] (1)

(1) Comma abrogato dall’art. 73, L. 31 maggio 1995, n. 218.
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Cfr. Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 9 ottobre 2008, n. 24883, Corte Costituzionale, ordinanza 30 luglio 2009, n. 257 e Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 1° luglio 2009, n. 15377

Art. 38. (1)
(Incompetenza)

L’incompetenza per materia, quella per valore e quella per territorio sono eccepite, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta tempestivamente depositata. L’eccezione di incompetenza per territorio si ha per non proposta se non contiene l’indicazione del giudice che la parte ritiene competente.

Fuori dei casi previsti dall’articolo 28, quando le parti costituite aderiscono all’indicazione del giudice competente per territorio, la competenza del giudice indicato rimane ferma se la causa è riassunta entro tre mesi dalla cancellazione della stessa dal ruolo.

L’incompetenza per materia, quella per valore e quella per territorio nei casi previsti dall’articolo 28 sono rilevate d’ufficio non oltre l’udienza di cui all’articolo 183.

Le questioni di cui ai commi precedenti sono decise, ai soli fini della competenza, in base a quello che risulta dagli atti e, quando sia reso necessario dall’eccezione del convenuto o dal rilievo del giudice, assunte sommarie informazioni.

(1) Articolo aggiornato con le modifiche introdotte dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 39.
(Litispendenza e continenza di cause)

Se una stessa causa è proposta davanti a giudici diversi, quello successivamente adito, in qualunque stato e grado del processo, anche d’ufficio, dichiara con ordinanza la litispendenza e dispone la cancellazione della causa dal ruolo. (1)
Nel caso di continenza di cause, se il giudice preventivamente adito è competente anche per la causa proposta successivamente, il giudice di questa dichiara con ordinanza (2) la continenza e fissa un termine perentorio entro il quale le parti debbono riassumere la causa davanti al primo giudice. Se questi non è competente anche per la causa successivamente proposta, la dichiarazione della continenza e la fissazione del termine sono da lui pronunciate.
La prevenzione è determinata dalla notificazione della citazione ovvero dal deposito del ricorso. (3)

(1) Questo articolo è stato così sostituito dall’art. 45, comma 3, lett. a), della Legge 18 giugno 2009, n. 69. Il testo precedente così disponeva: “Se una stessa causa è proposta davanti a giudici diversi, quello successivamente adito, in qualunque stato e grado dl processo, anche d’ufficio, dichiara con sentenza la litispendenza e dispone con ordinanza la cancellazione della causa dal ruolo.”
(2) L’originaria parola “sentenza” è stata così sostituita dall’art. 45, coma 3, lett. b), della Legge 18 giugno 2009, n. 69.
(3) Le parole: “ovvero dal deposito del ricorso” sono state così sostituite ad opera dell’art. 45, comma 3, lett. c), della Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 40.
(Connessione)

Se sono proposte davanti a giudici diversi più cause le quali, per ragione di connessione possono essere decise in un solo processo, il giudice fissa con ordinanza (1) alle parti un termine perentorio per la riassunzione della causa accessoria, davanti al giudice della causa principale, e negli altri casi davanti a quello preventivamente adito. (2)
La connessione non può essere eccepita dalle parti né rilevata d’ufficio dopo la prima udienza, e la rimessione non può essere ordinata quando lo stato della causa principale o preventivamente proposta non consente l’esauriente trattazione e decisione delle cause connesse.
Nei casi previsti negli artt. 31, 32, 34, 35 e 36, le cause, cumulativamente proposte o successivamente riunite, debbono essere trattate e decise col rito ordinario, salva l’applicazione del solo rito speciale quando una di tali cause rientri fra quelle indicate negli artt. 409 e 442. (3)
Qualora le cause connesse siano assoggettate a differenti riti speciali debbono essere trattate e decise col rito previsto per quella tra esse in ragione della quale viene determinata la competenza o, in subordine, col rito previsto per la causa di maggior valore. (3)
Se la causa è stata trattata con un rito diverso da quello divenuto applicabile ai sensi del terzo comma, il giudice provvede a norma degli artt. 426, 427 e 439. (3)
Se una causa di competenza del giudice di pace sia connessa per i motivi di cui agli articoli 31, 32, 34, 35 e 36 con altra causa di competenza (4) del tribunale, le relative domande possono essere proposte innanzi (4) al tribunale affinché siano decise nello stesso processo. (5)
Se le cause connesse ai sensi del sesto comma sono proposte davanti al giudice di pace e (4) al tribunale, il giudice di pace deve pronunziare anche d’ufficio la connessione a favore (4) del tribunale. (5

(1) La parola: “sentenza” è stata così sostituita dall’art. 45, comma 4, della Legge 18 giugno 2009, n. 69.
(2) Comma aggiornato con le modifiche introdotte dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.
(3) Comma aggiunto dall’art. 5, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(4) Le parole “al pretore o” sono state soppresse dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51
(5) Comma aggiunto dall’art. 19, comma 1, L. 21 novembre 1991, n. 374.

Sezione VI: DEL REGOLAMENTO DI GIURISDIZIONE E DI COMPETENZA (1)

(1) Si veda l’art. 59 della Legge 18 giugno 2009, n. 69, che così dispone:
“ Art. 59 Decisione delle questioni di giurisdizione
1. Il giudice che, in materia civile, amministrativa, contabile, tributaria o di giudici speciali, dichiara il proprio difetto di giurisdizione indica altresì, se esistente, il giudice nazionale che ritiene munito di giurisdizione. La pronuncia sulla giurisdizione resa dalle sezioni unite della Corte di cassazione è vincolante per ogni giudice e per le parti anche in altro processo.
2. Se, entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia di cui al comma 1, la domanda è riproposta al giudice ivi indicato, nel successivo processo le parti restano vincolate a tale indicazione e sono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali che la domanda avrebbe prodotto se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato adito fin dall’instaurazione del primo giudizio, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute. Ai fini del presente comma la domanda si ripropone con le modalità e secondo le forme previste per il giudizio davanti l giudice adito in relazione al rito applicabile.
3. Se sulla questione di giurisdizione non si sono già pronunciate, nel processo, le sezioni unite della Corte di cassazione, il giudice davanti al quale la causa è riassunta può sollevare d’ufficio, con ordinanza, tale questione davanti alle medesime sezioni unite della Corte di cassazione, fin alla prima udienza fissata per la trattazione del merito. Restano ferme le disposizioni sul regolamento preventivo di giurisdizione.
4. L’inosservanza dei termini fissati ai sensi del presente articolo per la riassunzione o per la prosecuzione del giudizio comporta l’estinzione del processo, che è dichiarata anche d’ufficio alla prima udienza, e impedisce la conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda.
5. In ogni caso di riproposizione della domanda davanti al giudice di cui al comma1, le prove raccolte
nel processo davanti al giudice privo di giurisdizione possono essere valutate come argomenti di prova.”

Art. 41.
(Regolamento di giurisdizione)

Finche’ la causa non sia decisa nel merito in primo grado, ciascuna parte può chiedere alle Sezioni unite della Corte di cassazione che risolvano le questioni di giurisdizione di cui all’art. 37. L’istanza si propone con ricorso a norma degli artt. 364 ss., e produce gli effetti di cui all’art. 367.
La pubblica amministrazione che non e’ parte in causa può chiedere in ogni stato e grado del processo che sia dichiarato dalle Sezioni unite della Corte di cassazione il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a causa dei poteri attribuiti dalla legge all’amministrazione stessa, finché la giurisdizione non sia stata affermata con sentenza passata in giudicato.

Art. 42. (1)
(Regolamento necessario di competenza)

L’ordinanza che, pronunciando sulla competenza anche ai sensi degli articoli 39 e 40, non decide il merito della causa e i provvedimenti che dichiarano la sospensione del processo ai sensi dell’articolo 295 possono essere impugnati soltanto con istanza di regolamento di competenza.

(1) Articolo aggiornato con le modifiche introdotte dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 43.
Regolamento facoltativo di competenza

Il provvedimento (1) che ha pronunciato sulla competenza insieme col merito può essere impugnato (2) con l’istanza di regolamento di competenza, oppure nei modi ordinari quando insieme con la pronuncia sulla competenza si impugna quella sul merito.
La proposizione dell’impugnazione ordinaria non toglie alle altre parti la facoltà di proporre l’istanza di regolamento.
Se l’istanza di regolamento è proposta prima dell’impugnazione ordinaria, i termini per la proposizione di questa riprendono a decorrere dalla comunicazione della ordinanza (3) che regola la competenza; se è proposta dopo, si applica la disposizione dell’articolo 48.

(1) Le parole: “La sentenza” sono state così sostituite dall’art. 45, comma 5, lett. a), della Legge 18 giugno 2009, n. 69.
(2) L’ originaria parola: “impugnata” è stata così sostituita dall’art. 45, comma 5, lett. a) della Legge 18 giugno 2009, n. 69.
(3) Le parole: “della sentenza” sono state così sostituite dall’art. 45, comma 5, lett. b), della Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 44.
(Efficacia della sentenza che pronuncia sulla competenza)

L’ordinanza (1) che, anche a norma degli articoli 39 e 40, dichiara l’incompetenza del giudice che l’ha pronunciata, se non è impugnata con la istanza di regolamento rende incontestabile l’incompetenza dichiarata e la competenza del giudice in essa indicato se la causa è riassunta nei termini di cui all’art. 50, salvo che si tratti di incompetenza per materia o di incompetenza per territorio nei casi previsti nell’articolo 28.

(1) La parola: “sentenza” è stata così modificata dall’ art. 45, comma 4 della Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 45.
(Conflitto di competenza)

Quando, in seguito alla ordinanza (1) che dichiara la incompetenza del giudice adito per ragione di materia o per territorio nei casi di cui all’articolo 28, la causa nei termini di cui all’articolo 50 è riassunta davanti ad altro giudice, questi, se ritiene di essere a sua volta incompetente, richiede d’ufficio il regolamento di competenza.

(1) La parola: “sentenza” è stata così modificata dall’ art. 45, comma 4 della Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 46.
(Casi di inapplicabilità del regolamento di competenza)

Le disposizioni degli artt. 42 e 43 non si applicano nei giudizi davanti ai giudici di pace.

Art. 47.
(Procedimento del regolamento di competenza)

L’istanza di regolamento di competenza si propone alla Corte di cassazione con ricorso sottoscritto dal procuratore o dalla parte, se questa si è costituita personalmente.
Il ricorso deve essere notificato alle parti che non vi hanno aderito entro il termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione della ordinanza (1) che abbia pronunciato sulla competenza o dalla notificazione dell’impugnazione ordinaria nel caso previsto nell’articolo 43 secondo comma. L’adesione delle parti può risultare anche dalla sottoscrizione del ricorso.
La parte che propone l’istanza, nei cinque giorni successivi all’ultima notificazione del ricorso alle parti, deve chiedere ai cancellieri degli uffici davanti ai quali pendono i processi che i relativi fascicoli siano rimessi alla cancelleria della Corte di cassazione. Nel termine perentorio di venti giorni dalla stessa notificazione deve depositare nella cancelleria il ricorso con i documenti necessari.
Il regolamento d’ufficio è richiesto con ordinanza dal giudice, il quale dispone la rimessione del fascicolo d’ufficio alla cancelleria della Corte di cassazione.
Le parti, alle quali è notificato il ricorso o comunicata l’ordinanza del giudice, possono, nei venti giorni successivi, depositare nella cancelleria della Corte di cassazione scritture difensive e documenti.

(1) La parola: “sentenza” è stata così sostituita dall’art. 45, comma 4, della Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 48.
(Sospensione dei processi)

I processi relativamente ai quali e’ chiesto il regolamento di competenza sono sospesi dal giorno in cui è presentata l’istanza al cancelliere a norma dell’articolo precedente o dalla pronuncia dell’ordinanza che richiede il regolamento.
Il giudice puo’ autorizzare il compimento degli atti che ritiene urgenti.

Art. 49.
(Sentenza di regolamento di competenza)

Il regolamento è pronunciato con ordinanza (1) in camera di consiglio entro i venti giorni successivi alla scadenza del termine previsto nell’articolo 47, ultimo comma.
Con l’ordinanza (1) la Corte di cassazione statuisce sulla competenza, dà i provvedimenti necessari per la prosecuzione del processo davanti al giudice che dichiara competente e rimette, quando occorre, le parti in termini affinché provvedano alla loro difesa.

(1) La parola: “sentenza” è stata così sostituita dall’art. 45, comma 4, della Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 50.
(Riassunzione della causa)

Se la riassunzione della causa davanti al giudice dichiarato competente avviene nel termine fissato nella ordinanza (1) dal giudice e, in mancanza, in quello di tre mesi (2) dalla comunicazione dell’ordinanza di regolamento o dell’ordinanza (1) che dichiara l’incompetenza del giudice adito il processo continua davanti al nuovo giudice.
Se la riassunzione non avviene nei termini su indicati, il processo si estingue.

(1) La parola: “sentenza” è stata così sostituita dall’art. 45, comma 6, lett. a) della Legge 18 giugno 2009, n. 69.
(2) Le originarie parole: “sei mesi” sono state così sostituite dall’art. 45, comma 6, lett. b) della Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Sezione VI-bis: DELLA COMPOSIZIONE DEL TRIBUNALE (1)

(1) Sezione inserita dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 50-bis.
(Cause nelle quali il tribunale giudica in composizione collegiale)

Il tribunale giudica in composizione collegiale:
1) nelle cause nelle quali è obbligatorio l’intervento del pubblico ministero, salvo che sia altrimenti disposto;
2) nelle cause di opposizione, impugnazione, revocazione e in quelle conseguenti a dichiarazioni tardive di crediti di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, [al decreto legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito con modificazioni dalla legge 3 aprile 1979, n. 95] (1) e alle altre leggi speciali disciplinanti la liquidazione coatta amministrativa;
3) nelle cause devolute alle sezioni specializzate;
4) nelle cause di omologazione del concordato fallimentare e del concordato preventivo;
5) nelle cause di impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea e del consiglio di amministrazione, nonché nelle cause di responsabilità da chiunque promosse contro gli organi amministrativi e di controllo, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari (2) e i liquidatori delle società, delle mutue assicuratrici e società cooperative, delle associazioni in partecipazione e dei consorzi;
6) nelle cause di impugnazione dei testamenti e di riduzione per lesione di legittima;
7) nelle cause di cui alla legge 13 aprile 1988, n. 117.
7-bis) nelle cause di cui all’articolo 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (3)
Il tribunale giudica altresì in composizione collegiale nei procedimenti in camera di consiglio disciplinati dagli articoli 737 e seguenti, salvo che sia altrimenti disposto.

(1) Parole abrogate dal Dlgs. 8 luglio 1999, n. 270.
(2) Le parole “i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari” sono state inserite dalla Legge 28 dicembre 2005, n. 262.
(3) Numero inserito all’articolo 2, comma 448, Legge 24 dicembre 2007, n. 244.

Art. 50-ter.
(Cause nelle quali il tribunale giudica in composizione monocratica)

Fuori dei casi previsti dall’articolo 50-bis, il tribunale giudica in composizione monocratica.

Art. 50-quater.
(Inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale)

Le disposizioni di cui agli articoli 50 bis e 50 ter non si considerano attinenti alla costituzione del giudice. Alla nullità derivante dalla loro inosservanza si applica l’articolo 161, primo comma.

Sezione VII: DELL’ASTENSIONE, DELLA RICUSAZIONE E DELLA RESPONSABILITA’ DEI GIUDICI

Art. 51.
(Astensione del giudice)

Il giudice ha l’obbligo di astenersi:
1) se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto;
2) se egli stesso o la moglie è parente fino al quarto grado o legato da vincoli di affiliazione (1), o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori;
3) se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inamicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori;
4) se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa, o ha deposto in essa come testimone, oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico;
5) se è tutore, curatore, amministratore di sostegno (2), procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti; se, inoltre, è amministratore o gerente di un ente, di un’associazione anche non riconosciuta, di un comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa.
In ogni altro caso in cui esistono gravi ragioni di convenienza, il giudice può richiedere al capo dell’ufficio l’autorizzazione ad astenersi; quando l’astensione riguarda il capo dell’ufficio, l’autorizzazione è chiesta al capo dell’ufficio superiore.

(1) La Legge 4 maggio 1983, n. 184 ha soppresso l’istituto dell’affiliazione.
(2) Le parole “amministratore di sostegno” sono state inserite dalla Legge 9 gennaio 2004, n. 6.

Art. 52.
(Ricusazione del giudice)

Nei casi in cui è fatto obbligo al giudice di astenersi, ciascuna delle parti puo’ proporne la ricusazione mediante ricorso contenente i motivi specifici e i mezzi di prova.
Il ricorso, sottoscritto dalla parte o dal difensore, deve essere depositato in cancelleria due giorni prima dell’udienza, se al ricusante è noto il nome dei giudici che sono chiamati a trattare o decidere la causa, e prima dell’inizio della trattazione o discussione di questa nel caso contrario.
La ricusazione sospende il processo.

Art. 53.
(Giudice competente)

Sulla ricusazione decide il presidente del tribunale se è ricusato un giudice di pace; il collegio se è ricusato uno dei componenti del tribunale o della corte. (1)
La decisione è pronunciata con ordinanza non impugnabile, udito il giudice ricusato e assunte, quando occorre, le prove offerte.

(1) Comma così modificato dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 54.
(Ordinanza sulla ricusazione)

L’ordinanza che accoglie il ricorso designa il giudice che deve sostituire quello ricusato.
La ricusazione è dichiarata inammissibile, se non è stata proposta nelle forme e nei termini fissati nell’art. 52.
Il giudice, con l’ordinanza con cui dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione, provvede sulle spese e può condannare la parte che l’ha proposta ad una pena pecuniaria non superiore a euro 250. (1)
Dell’ordinanza è data notizia dalla cancelleria al giudice e alle parti, le quali debbono provvedere alla riassunzione della causa nel termine perentorio di sei mesi.

(1) Questo comma è stato così sostituito dall’art. 45, comma 7, della Legge 18 giugno 2009, n. 69.
Il testo precedete così recitava: “L’ordinanza, che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione, provvede sulle spese e condanna la parte o il difensore che l’ha proposta a una pena pecuniaria non superiore a € 5.”

Art. 55. (1)
[(Responsabilità civile del giudice)]

(1) Articolo abrogato dal D.P.R. 9 dicembre 1987, n. 497.

Art. 56. (1)
[(Autorizzazione)]

(1) Articolo abrogato dal D.P.R. 9 dicembre 1987, n. 497.

Capo II: DEL CANCELLIERE E DELL’UFFICIALE GIUDIZIARIO

Art. 57.
(Attività del cancelliere)

Il cancelliere documenta a tutti gli effetti, nei casi e nei modi previsti dalla legge, le attività proprie e quelle degli organi giudiziari e delle parti.
Egli assiste il giudice in tutti gli atti dei quali deve essere formato processo verbale.
Quando il giudice provvede per iscritto, salvo che la legge disponga altrimenti, il cancelliere stende la scrittura e vi appone la sua sottoscrizione dopo quella del giudice.

Art. 58.
(Altre attività del cancelliere)

Il cancelliere attende al rilascio di copie ed estratti autentici dei documenti prodotti, all’iscrizione delle cause a ruolo, alla formazione del fascicolo d’ufficio e alla conservazione di quelli delle parti, alle comunicazioni e alle notificazioni prescritte dalla legge o dal giudice, nonché alle altre incombenze che la legge gli attribuisce.

Art. 59.
(Attività dell’ufficiale giudiziario)

L’ufficiale giudiziario assiste il giudice in udienza, provvede all’esecuzione dei suoi ordini, esegue la notificazione degli atti e attende alle altre incombenze che la legge gli attribuisce.

Art. 60.
(Responsabilità del cancelliere e dell’ufficiale giudiziario)

Il cancelliere e l’ufficiale giudiziario sono civilmente responsabili:
1) quando, senza giusto motivo, ricusano di compiere gli atti che sono loro legalmente richiesti oppure omettono di compierli nel termine che, su istanza di parte, è fissato dal giudice dal quale dipendono o dal quale sono stati delegati;
2) quando hanno compiuto un atto nullo con dolo o colpa grave.

Capo III: DEL CONSULENTE TECNICO, DEL CUSTODE E DEGLI ALTRI AUSILIARI DEL GIUDICE

Art. 61.
(Consulente tecnico)

Quando è necessario, il giudice può farsi assistere, per il compimento di singoli atti o per tutto il processo, da uno o piu’ consulenti di particolare competenza tecnica.
La scelta dei consulenti tecnici deve essere normalmente fatta tra le persone iscritte in albi speciali formati a norma delle disposizioni di attuazione al presente codice.

Art. 62.
(Attività del consulente)

Il consulente compie le indagini che gli sono commesse dal giudice e fornisce, in udienza e in camera di consiglio, i chiarimenti che il giudice gli richiede a norma degli artt. 194 ss. e degli artt. 441 e 463.

Art. 63.
(Obbligo di assumere l’incarico e ricusazione del consulente)

Il consulente scelto tra gli iscritti in un albo ha l’obbligo di prestare il suo ufficio, tranne che il giudice riconosca che ricorre un giusto motivo di astensione.
Il consulente può essere ricusato dalle parti per i motivi indicati nell’art. 51.
Della ricusazione del consulente conosce il giudice che l’ha nominato.

Art. 64.
(Responsabilità del consulente)

Si applicano al consulente tecnico le disposizioni del codice penale relative ai periti.
In ogni caso, il consulente tecnico che incorre in colpa grave nell’esecuzione degli atti che gli sono richiesti, è punito con l’arresto fino a un anno o con l’ammenda fino a € 10.329. Si applica l’art. 35 del codice penale. In ogni caso è dovuto il risarcimento dei danni causati alle parti. (1)

(1) Comma così sostituito dalla L. 4 giugno 1985, n. 281.

Art. 65.
(Custode)

La conservazione e l’amministrazione dei beni pignorati o sequestrati sono affidate a un custode, quando la legge non dispone altrimenti.
Il compenso al custode è stabilito, con decreto, dal giudice dell’esecuzione nel caso di nomina fatta dall’ufficiale giudiziario e in ogni altro caso dal giudice che l’ha nominato.

(1) Comma così sostituito dal D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 66.
(Sostituzione del custode)

Il giudice, d’ufficio o su istanza di parte, può disporre in ogni tempo la sostituzione del custode.
Il custode che non ha diritto a compenso può chiedere in ogni tempo di essere sostituito; altrimenti può chiederlo soltanto per giusti motivi.
Il provvedimento di sostituzione è dato, con ordinanza non impugnabile, dal giudice di cui all’art. 65, secondo comma. (1)

(1) Comma così sostituito dal D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 67.
(Responsabilità del custode)

Ferme le disposizioni del codice penale, il custode che non esegue l’incarico assunto può essere condannato dal giudice a una pena pecuniaria da euro 250 a euro 500. (1)
Egli è tenuto al risarcimento dei danni cagionati alle parti, se non esercita la custodia da buon padre di famiglia.

(1) Le parole: “non superiore a euro 10” sono state così sostituite dall’art. 45, comma 8, della L. 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 68.
(Altri ausiliari)

Nei casi previsti dalla legge o quando ne sorga necessità, il giudice, il cancelliere o l’ufficiale giudiziario si può fare assistere da esperti in una determinata arte o professione e, in generale, da persona idonea al compimento di atti che non è in grado di compiere da sé solo.
Il giudice può commettere a un notaio il compimento di determinati atti nei casi previsti dalla legge.
Il giudice può sempre richiedere l’assistenza della forza pubblica.