Procedura civile – Libro II – Del processo di cognizione – Titolo I – Del procedimento davanti al tribunale – Titolo IV – Norme per le controversie in materia di lavoro (artt. 409-473)

Libro secondo: DEL PROCESSO DI COGNIZIONE

Titolo IV: NORME PER LE CONTROVERSIE IN MATERIA DI LAVORO

Capo I: DELLE CONTROVERSIE INDIVIDUALI DI LAVORO

Sezione I: DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 409.
(Controversie individuali di lavoro)

Si osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie relative a:
1) rapporti di lavoro subordinato privato, anche se non inerenti all’esercizio di una impresa;
2) rapporti di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione agraria, di affitto a coltivatore diretto, nonche’ rapporti derivanti da altri contratti agrari, salva la competenza delle sezioni specializzate agrarie;
3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato;
4) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici che svolgono esclusivamente o prevalentemente attivita’ economica;
5) rapporti di lavori dei dipendenti di enti pubblici ed altri rapporti di lavoro pubblico, sempreche’ non siano devoluti dalla legge ad altro giudice.

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Cfr. Cass. Civ., sez. lavoro, sentenza 27 aprile 2007, n. 10046

Art. 410. (1)
(Tentativo di conciliazione)

Chi intende propone in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti dall’articolo 409 può promuovere, anche tramite l’associazione sindacale alla quale aderisce o conferisce mandato, un previo tentativo di conciliazione presso la commissione di conciliazione individuata secondo i criteri di cui all’articolo 413.
La comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e per i venti giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza.
Le commissioni di conciliazione sono istituite presso la Direzione provinciale del lavoro. La commissione è composta dal direttore dell’ufficio stesso o da un suo delegato o da un magistrato collocato a riposo, in qualità di presidente, da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei datori di lavoro e da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei lavoratori, designati dalle rispettive organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello territoriale.
Le commissioni, quando se ne ravvisi la necessità, affidano il tentativo di conciliazione a proprie sottocommissioni, presiedute dal direttore della Direzione provinciale del lavoro o da un suo delegato, che rispecchino la composizione prevista dal terzo comma. In ogni caso per la validità della riunione è necessaria la presenza del presidente e di almeno un rappresentante dei datori di lavoro e almeno un rappresentante dei lavoratori.
La richiesta del tentativo di conciliazione, sottoscritta dall’istante, è consegnata o spedita mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Copia della richiesta del tentativo di conciliazione deve essere consegnata o spedita con raccomandata con ricevuta di ritorno a cura della stessa parte istante alla controparte.
La richiesta deve precisare:
1) nome, cognome e residenza dell’istante e del convenuto; se l’istante o il convenuto sono una persona giuridica, un’associazione non riconosciuta o un comitato, l’istanza deve indicare la denominazione o la ditta nonché la sede;
2) il luogo dove é sorto il rapporto ovvero dove si trova l’azienda o sua dipendenza alla quale é addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto;
3) il luogo dove devono essere fatte alla parte istante le comunicazioni inerenti alla procedura;
4) l’esposizione dei fatti e delle ragioni posti a fondamento della pretesa.
Se la controparte intende accettare la procedura di conciliazione, deposita presso la commissione di conciliazione, entro venti giorni dal ricevimento della copia della richiesta, una memoria contenente le difese e le eccezioni in fatto e in diritto, nonché le eventuali domande in via riconvenzionale. Ove cio’ non avvenga, ciascuna delle parti é libera di adire l’autorità giudiziaria. Entro i dieci giorni successivi al deposito, la commissione fissa la comparizione delle parti per il tentativo di conciliazione, che deve essere tenuto entro i successivi trenta giorni. Dinanzi alla commissione il lavoratore può farsi assistere anche da un’organizzazione cui aderisce o conferisce mandato.
La conciliazione della lite da parte di chi rappresenta la pubblica amministrazione, anche in sede giudiziale ai sensi dell’articolo 420, commi primo, secondo e terzo, non può dar luogo a responsabilità, salvi i casi di dolo e colpa grave.

(1) L’articolo che recitava: “Art. 410. Tentativo obbligatorio di conciliazione. Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti dall’articolo 409, e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti e accordi collettivi deve promuovere, anche tramite l’associazione sindacale alla quale aderisce o conferisca mandato, il tentativo di conciliazione presso la commissione di conciliazione individuata secondo i criteri di cui all’articolo 413.
La comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e per i venti giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza.
La commissione, ricevuta la richiesta, tenta la conciliazione della controversia, convocando le parti, per una riunione da tenersi non oltre dieci giorni dal ricevimento della richiesta.
Con provvedimento del direttore dell’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione è istituita in ogni provincia, presso l’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, una commissione provinciale di conciliazione composta dal direttore dell’ufficio stesso o da un suo delegato, in qualita’ di presidente, da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei datori di lavoro e da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei lavoratori, designati dalle rispettive organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale.
Commissioni di conciliazione possono essere istituite, con le stesse modalita’ e con la medesima composizione di cui al precedente comma, anche presso le sezioni zonali degli uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione.
Le commissioni, quando se ne ravvisi la necessità, affidano il tentativo di conciliazione a proprie sottocommissioni, presiedute dal direttore dell’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione o da un suo delegato, che rispecchino la composizione prevista dal precedente terzo comma.
In ogni caso per la validità della riunione è necessaria la presenza del presidente e di almeno un rappresentante dei datori di lavoro e di uno dei lavoratori.
Ove la riunione della commissione non sia possibile per la mancata presenza di almeno uno dei componenti di cui al precedente comma, il direttore dell’ufficio provinciale del lavoro certifica l’impossibilità di procedere al tentativo di conciliazione
“. è stato così sostituito dall’art. 31, L. 4 novembre 2010, n. 183.

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Cfr. Corte App. Catanzaro, sez. lavoro, sentenza 12 giugno 2007, n. 1088

Art. 410-bis.
(Termine per l’espletamento del tentativo di conciliazione)

(…) (1)

(1) L’articolo che recitava: “Il tentativo di conciliazione, anche se nelle forme previste dai contratti e accordi collettivi, deve essere espletato entro sessanta giorni dalla presentazione della richiesta.
Trascorso inutilmente tale termine, il tentativo di conciliazione si considera comunque espletato ai fini dell’articolo 412-bis.
” è stato abrogato dall’art. 31, L. 4 novembre 2010, n. 183.

Art. 411. (1)
(Processo verbale di conciliazione)

Se la conciliazione esperita ai sensi dell’articolo 410 riesce, anche limitatamente ad una parte della domanda, viene redatto separato processo verbale sottoscritto dalle parti e dai componenti della commissione di conciliazione. Il giudice, su istanza della parte interessata, lo dichiara esecutivo con decreto.
Se non si raggiunge l’accordo tra le parti, la commissione di conciliazione deve formulare una proposta per la bonaria definizione della controversia. Se la proposta non è accettata, i termini di essa sono riassunti nel verbale con indicazione delle valutazioni espresse dalle parti. Delle risultanze della proposta formulata dalla commissione e non accettata senza adeguata motivazione il giudice tiene conto in sede di giudizio.
Ove il tentativo di conciliazione sia stato richiesto dalle parti, al ricorso depositato ai sensi dell’articolo 415 devono essere allegati i verbali e le memorie concernenti il tentativo di conciliazione non riuscito. Se il tentativo di conciliazione si è svolto in sede sindacale, ad esso non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 410. Il processo verbale di avvenuta conciliazione è depositato presso la Direzione provinciale del lavoro a cura di una delle parti o per il tramite di un’associazione sindacale. Il direttore, o un suo delegato, accertatane l’autenticità, provvede a depositarlo nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione è stato redatto. Il giudice, su istanza della parte interessata, accertata la regolarità formale del verbale di conciliazione, lo dichiara esecutivo con decreto.

(1) L’articolo che recitava: “Se la conciliazione riesce, si forma processo verbale che deve essere sottoscritto dalle parti e dal presidente del collegio che ha esperito il tentativo, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilita’ di sottoscrivere.
Il processo verbale e’ depositato a cura delle parti o dell’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione nella cancelleria del tribunale (1) nella cui circoscrizione e’ stato formato. Il giudice (1), su istanza della parte interessata, accertata la regolarita’ formale del verbale di conciliazione, lo dichiara esecutivo con decreto.
Se il tentativo di conciliazione si e’ svolto in sede sindacale, il processo verbale di avvenuta conciliazione e’ depositato presso l’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione a cura di una delle parti o per il tramite di un’associazione sindacale. Il direttore, o un suo delegato, accertatane la autenticita’, provvede a depositarlo nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione è stato redatto. Il giudice (1), su istanza della parte interessata, accertata la regolarita’ formale del verbale di conciliazione, lo dichiara esecutivo con decreto
.” è stato così sostituito dall’art. 31, L. 4 novembre 2010, n. 183.

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Cfr. Cass. Civ., sez. lavoro, sentenza 22 maggio 2008, n. 13217

Art. 412. (1)
(Risoluzione arbitrale della controversia)

In qualunque fase del tentativo di conciliazione, o al suo termine in caso di mancata riuscita, le parti possono indicare la soluzione, anche parziale, sulla quale concordano, riconoscendo, quando e’ possibile, il credito che spetta al lavoratore, e possono accordarsi per la risoluzione della lite, affidando alla commissione di conciliazione il mandato a risolvere in via arbitrale la controversia.
Nel conferire il mandato per la risoluzione arbitrale della controversia, le parti devono indicare:
1) il termine per l’emanazione del lodo, che non può comunque superare i sessanta giorni dal conferimento del mandato, spirato il quale l’incarico deve intendersi revocato;
2) le norme invocate dalle parti a sostegno delle loro pretese e l’eventuale richiesta di decidere secondo equità, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento e dei principi regolatori della materia, anche derivanti da obblighi comunitari.
Il lodo emanato a conclusione dell’arbitrato, sottoscritto dagli arbitri e autenticato, produce tra le parti gli effetti di cui all’articolo 1372 e all’articolo 2113, quarto comma, del codice civile.
Il lodo è impugnabile ai sensi dell’articolo 808-ter. Sulle controversie aventi ad oggetto la validità del lodo arbitrale irrituale, ai sensi dell’articolo 808-ter, decide in unico grado il tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione è la sede dell’arbitrato. Il ricorso è depositato entro il termine di trenta giorni dalla notificazione del lodo. Decorso tale termine, o se le parti hanno comunque dichiarato per iscritto di accettare la decisione arbitrale, ovverso se il ricorso è stato respinto dal tribunale, il lodo è depositato nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione è la sede dell’arbitrato. Il giudice, su istanza della parte interessata, accertata la regolarità formale del lodo arbitrale, lo dichiara esecutivo con decreto.

(1) L’articolo che recitava: “Art. 412. Verbale di mancata conciliazione. Se la conciliazione non riesce, si forma il processo verbale con l’indicazione delle ragioni del mancato accordo; in esso le parti possono indicare la soluzione anche parziale sulla quale concordano, precisando, quando e` possibile, l’ammontare del credito che spetta al lavoratore. In quest’ultimo caso il processo verbale acquista efficacia di titolo esecutivo, osservate le disposizioni di cui all’articolo 411.
L’Ufficio provinciale del lavoro rilascia alla parte copia del verbale entro cinque giorni dalla richiesta.
Le disposizioni del primo comma si applicano anche al tentativo di conciliazione in sede sindacale.
Delle risultanza del verbale di cui al primo comma il giudice tiene conto in sede di decisione sulle spese del successivo giudizio
.” è stato così sostituito dall’art. 31, L. 4 novembre 2010, n. 183.

Art. 412-bis.
(Procedibilità della domanda)

(…) (1)

(1) L’articolo che recitava: “L’espletamento del tentativo di conciliazione costituisce condizione di procedibilita` della domanda.
L’improcedibilita` deve essere eccepita dal convenuto nella memoria difensiva di cui all’articolo 416 e puo` essere rilevata d’ufficio dal giudice non oltre l’udienza di cui all’articolo 420.
Il giudice ove rilevi che non è stato promosso il tentativo di conciliazione ovvero che la domanda giudiziale è stata presentata prima dei sessanta giorni dalla promozione del tentativo stesso, sospende il giudizio e fissa alle parti il termine perentorio di sessanta giorni per promuovere il tentativo di conciliazione.
Trascorso il termine di cui al primo comma dell’articolo 410-bis, il processo puo` essere riassunto entro il termine perentorio di centottanta giorni.
Ove il processo non sia stato tempestivamente riassunto, il giudice dichiara d’ufficio l’estinzione del processo con decreto cui si applica la disposizione di cui all’articolo 308.
Il mancato espletamento del tentativo di conciliazione non preclude la concessione dei provvedimenti speciali d’urgenza e di quelli cautelari previsti nel capo III del titolo I del libro IV
.” è stato abrogato dall’art. 31, L. 4 novembre 2010, n. 183.

Art. 412-ter. (1)
(Altre modalità di conciliazione e arbitrato previste dalla contrattazione collettiva)

La conciliazione e l’arbitrato, nelle materie di cui all’articolo 409, possono essere svolti altresì presso le sedi e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative.

(1) L’articolo che recitava: “Art. 412-ter. Arbitrato irrituale previsto dai contratti collettivi. Se il tentativo di conciliazione non riesce o comunque è decorso il termine previsto per l’espletamento, le parti possono concordare di deferire ad arbitri la risoluzione della controversia, anche tramite l’organizzazione sindacale alla quale aderiscono o abbiano conferito mandato, se i contratti o accordi collettivi nazionali di lavoro prevedono tale facolta` e stabiliscono:
a) le modalita` della richiesta di devoluzione della controversia al collegio arbitrale e il termine entro il quale l’altra parte può aderirvi;
b) la composizione del collegio arbitrale e la procedura per la nomina del presidente e dei componenti;
c) le forme e i modi di espletamento dell’eventuale istruttoria;
d) il termine entro il quale il collegio deve emettere il lodo, dandone comunicazione alle parti interessate;
e) i criteri per la liquidazione dei compensi agli arbitri.
I contratti e accordi collettivi possono, altresì, prevedere l’istituzione di collegi o camere arbitrali stabili, composti e distribuiti sul territorio secondo criteri stabiliti in sede di contrattazione nazionale.
Nella pronuncia del lodo arbitrale si applica l’articolo 429, terzo comma, del codice di procedura civile.
Salva diversa previsione della contrattazione collettiva, per la liquidazione delle spese della procedura arbitrale si applicano altresì gli articoli 91, primo comma, e 92 del codice di procedura civile
.” è stato così sostituito dall’art. 31, L. 4 novembre 2010, n. 183.

Art. 412-quater. (1)
(Altre modalità di conciliazione e arbitrato)

Ferma restando la facoltà di ciascuna delle parti di adire l’autorità giudiziaria e di avvalersi delle procedure di conciliazione e di arbitrato previste dalla legge, le controversie di cui all’articolo 409 possono essere altresì proposte innanzi al collegio di conciliazione e arbitrato irrituale costituito secondo quanto previsto dai commi seguenti.
Il collegio di conciliazione e arbitrato è composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro, in funzione di presidente, scelto di comune accordo dagli arbitri di parte tra i professori universitari di materie giuridiche e gli avvocati ammessi al patrocinio davanti alla Corte di cassazione.
La parte che intenda ricorrere al collegio di conciliazione e arbitrato deve notificare all’altra parte un ricorso sottoscritto, salvo che si tratti di una pubblica amministrazione, personalmente o da un suo rappresentante al quale abbia conferito mandato e presso il quale deve eleggere il domicilio. Il ricorso deve contenere la nomina dell’arbitro di parte e indicare l’oggetto della domanda, le ragioni di fatto e di diritto sulle quali si fonda la domanda stessa, i mezzi di prova e il valore della controversia entro il quale si intende limitare la domanda. Il ricorso deve contenere il riferimento alle norme invocate dal ricorrente a sostegno della sua pretesa e l’eventuale richiesta di decidere secondo equità, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento e dei principi regolatori della materia, anche derivanti da obblighi comunitari.
Se la parte convenuta intende accettare la procedura di conciliazione e arbitrato nomina il proprio arbitro di parte, il quale entro trenta giorni dalla notifica del ricorso procede, ove possibile, concordemente con l’altro arbitro, alla scelta del presidente e della sede del collegio. Ove ciò non avvenga, la parte che ha presentato ricorso può chiedere che la nomina sia fatta dal presidente del tribunale nel cui circondario è la sede dell’arbitrato. Se le parti non hanno ancora determinato la sede, il ricorso è presentato al presidente del tribunale del luogo in cui è sorto il rapporto di lavoro o ove si trova l’azienda o una sua dipendenza alla quale e’ addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto.
In caso di scelta concorde del terzo arbitro e della sede del collegio, la parte convenuta, entro trenta giorni da tale scelta, deve depositare presso la sede del collegio una memoria difensiva sottoscritta, salvo che si tratti di una pubblica amministrazione, da un avvocato cui abbia conferito mandato e presso il quale deve eleggere il domicilio. La memoria deve contenere le difese e le eccezioni in fatto e in diritto, le eventuali domande in via riconvenzionale e l’indicazione dei mezzi di prova.
Entro dieci giorni dal deposito della memoria difensiva il ricorrente può depositare presso la sede del collegio una memoria di replica senza modificare il contenuto del ricorso. Nei successivi dieci giorni il convenuto può depositare presso la sede del collegio una controreplica senza modificare il contenuto della memoria difensiva.
Il collegio fissa il giorno dell’udienza, da tenere entro trenta giorni dalla scadenza del termine per la controreplica del convenuto, dandone comunicazione alle parti, nel domicilio eletto, almeno dieci giorni prima.
All’udienza il collegio esperisce il tentativo di conciliazione. Se la conciliazione riesce, si applicano le disposizioni dell’articolo 411, commi primo e terzo.
Se la conciliazione non riesce, il collegio provvede, ove occorra, a interrogare le parti e ad ammettere e assumere le prove, altrimenti invita all’immediata discussione orale. Nel caso di ammissione delle prove, il collegio può rinviare ad altra udienza, a non più di dieci giorni di distanza, l’assunzione delle stesse e la discussione orale.
La controversia è decisa, entro venti giorni dall’udienza di discussione, mediante un lodo. Il lodo emanato a conclusione dell’arbitrato, sottoscritto dagli arbitri e autenticato, produce tra le parti gli effetti di cui agli articoli 1372 e 2113, quarto comma, del codice civile. Il lodo è impugnabile ai sensi dell’articolo 808-ter. Sulle controversie aventi ad oggetto la validità del lodo arbitrale irrituale, ai sensi dell’articolo 808-ter, decide in unico grado il tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione è la sede dell’arbitrato. Il ricorso è depositato entro il termine di trenta giorni dalla notificazione del lodo. Decorso tale termine, o se le parti hanno comunque dichiarato per iscritto di accettare la decisione arbitrale, ovvero se il ricorso è stato respinto dal tribunale, il lodo è depositato nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione è la sede dell’arbitrato. Il giudice, su istanza della parte interessata, accertata la regolarità formale del lodo arbitrale, lo dichiara esecutivo con decreto.
Il compenso del presidente del collegio è fissato in misura pari al 2 per cento del valore della controversia dichiarato nel ricorso ed è versato dalle parti, per metà ciascuna, presso la sede del collegio mediante assegni circolari intestati al presidente almeno cinque giorni prima dell’udienza. Ciascuna parte provvede a compensare l’arbitro da essa nominato. Le spese legali e quelle per il compenso del presidente e dell’arbitro di parte, queste ultime nella misura dell’1 per cento del suddetto valore della controversia, sono liquidate nel lodo ai sensi degli articoli 91, primo comma, e 92.
I contratti collettivi nazionali di categoria possono istituire un fondo per il rimborso al lavoratore delle spese per il compenso del presidente del collegio e del proprio arbitro di parte.

(1) L’articolo che recitava: “Art. 412-quater. Impugnazione ed esecutività del lodo arbitrale. Sulle controversie aventi ad oggetto la validità del lodo arbitrale decide in unico grado il Tribunale, in funzione del giudice del lavoro, della circoscrizione in cui è la sede dell’arbitrato. Il ricorso è depositato entro il termine di trenta giorni dalla notificazione del lodo.
Trascorso tale termine, o se le parti hanno comunque dichiarato per iscritto di accettare la decisione arbitrale, ovvero se il ricorso è stato respinto dal tribunale, il lodo è depositato nella cancelleria del Tribunale nella cui circoscrizione è la sede dell’arbitratro. Il giudice, su istanza della parte interessata, accertata la regolarità formale del lodo arbitrale, lo dichiara esecutivo con decreto
.” è stato così sostituito dall’art. 31, L. 4 novembre 2010, n. 183.

Sezione II: DEL PROCEDIMENTO

§ 1: DEL PROCEDIMENTO DI PRIMO GRADO

Art. 413.
(Giudice competente)

Le controversie previste dall’articolo 409 sono in primo grado di competenza del tribunale (1) in funzione di giudice del lavoro.
Competente per territorio è il giudice nella cui circoscrizione è sorto il rapporto ovvero si trova l’azienda o una sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto.
Tale competenza permane dopo il trasferimento dell’azienda o la cessazione di essa o della sua dipendenza, purché la domanda sia proposta entro sei mesi dal trasferimento o dalla cessazione.
Competente per territorio per le controversie previste dal numero 3) dell’articolo 409 è il giudice nella cui circoscrizione si trova il domicilio dell’agente, del rappresentante di commercio ovvero del titolare degli altri rapporti di collaborazione di cui al predetto numero 3) dell’articolo 409. (2)
Competente per territorio per le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è il giudice nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio al quale il dipendente è addetto o era addetto al momento della cessazione del rapporto.
Nelle controversie nelle quali è parte una Amministrazione dello Stato non si applicano le disposizioni dell’articolo 6 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611. (3)
Qualora non trovino applicazione le disposizioni dei commi precedenti, si applicano quelle dell’articolo 18.
Sono nulle le clausole derogative della competenza per territorio.

(1) La parola “pretore” è stata sostituita dalla parola “tribunale” dal D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(2) Comma aggiunto dall’art. 1, L. 11 febbraio 1992, n. 128.
(3) Comma aggiunto dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80.
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Cfr. Cass. Civ., sez. lavoro, sentenza 15 ottobre 2007, n. 21562

Art. 414.
(Forma della domanda)

La domanda si propone con ricorso, il quale deve contenere:
1) l’indicazione del giudice;
2) il nome, il cognome, nonché la residenza o il domicilio eletto del ricorrente nel comune in cui ha sede il giudice adito, il nome, il cognome e la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto; se ricorrente o convenuto è una persona giuridica, un’associazione non riconosciuta o un comitato, il ricorso deve indicare la denominazione o ditta nonché la sede del ricorrente o del convenuto;
3) la determinazione dell’oggetto della domanda;
4) l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si fonda la domanda con le relative conclusioni;
5) l’indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e in particolare dei documenti che si offrono in comunicazione.

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Cfr. Cass. Civ., sez. lavoro, sentenza 14 giugno 2007, n. 13878

Art. 415.
(Deposito del ricorso e decreto di fissazione dell’udienza)

Il ricorso è depositato nella cancelleria del giudice competente insieme con i documenti in esso indicati.
Il giudice, entro cinque giorni dal deposito del ricorso, fissa, con decreto, l’udienza di discussione, alla quale le parti sono tenute a comparire personalmente.
Tra il giorno del deposito del ricorso e l’udienza di discussione non devono decorrere più di sessanta giorni.
Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato al convenuto, a cura dell’attore, entro dieci giorni dalla data di pronuncia del decreto, salvo quanto disposto dall’articolo 417.
Tra la data di notificazione al convenuto e quella dell’udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di trenta giorni.
Il termine di cui al comma precedente è elevato a quaranta giorni e quello di cui al terzo comma è elevato a ottanta giorni nel caso in cui la notificazione prevista dal quarto comma debba effettuarsi all’estero.
Nelle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al quinto comma dell’articolo 413, il ricorso è notificato direttamente presso l’amministrazione destinataria ai sensi dell’articolo 144, secondo comma. Per le amministrazioni statali o ad esse equiparate, ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, si osservano le disposizioni delle leggi speciali che prescrivono la notificazione presso gli uffici dell’Avvocatura dello Stato competente per territorio. (1)

(1) Comma aggiunto dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80.

Art. 416.
(Costituzione del convenuto)

Il convenuto deve costituirsi almeno dieci giorni prima della udienza, dichiarando la residenza o eleggendo domicilio nel comune in cui ha sede il giudice adito.
La costituzione del convenuto si effettua mediante deposito in cancelleria di una memoria difensiva, nella quale devono essere proposte, a pena di decadenza, le eventuali domande in via riconvenzionale e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio.
Nella stessa memoria il convenuto deve prendere posizione, in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti affermati dall’attore a fondamento della domanda, proporre tutte le sue difese in fatto e in diritto ed indicare specificamente, a pena di decadenza, i mezzi di prova dei quali intende avvalersi ed in particolare i documenti che deve contestualmente depositare.

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Cfr. Cass. Civ., sez. lavoro, sentenza 15 maggio 2007, n. 11108, Cass. Civ., sez. lavoro, sentenza 18 maggio 2007, n. 11631, Cass. Civ., sez. lavoro, sentenza 9 ottobre 2007, n. 21073 e Cass. Civ., sez. lavoro, sentenza 6 ottobre 2009, n. 21311

Art. 417.
(
Costituzione e difesa personali delle parti)

In primo grado la parte può stare in giudizio personalmente quando il valore della causa non eccede gli € 129,11.
La parte che sta in giudizio personalmente propone la domanda nelle forme di cui all’articolo 414 o si costituisce nelle forme di cui all’articolo 416 con elezione di domicilio nell’ambito del territorio della Repubblica.
Può proporre la domanda anche verbalmente davanti al giudice (1) che ne fa redigere processo verbale.
Il ricorso o il processo verbale con il decreto di fissazione dell’udienza devono essere notificati al convenuto e allo stesso attore a cura della cancelleria entro i termini di cui all’articolo 415.
Alle parti che stanno in giudizio personalmente ogni ulteriore atto o memoria deve essere notificato dalla cancelleria.

(1) La parola “pretore” è stata sostituita dalla parola “giudice” dal D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 417-bis.
Difesa delle pubbliche amministrazioni

Nelle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al quinto comma dell’articolo 413, limitatamente al giudizio di primo grado le amministrazioni stesse possono stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti.
Per le amministrazioni statali o ad esse equiparate, ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, le disposizioni di cui al comma precedente si applica salvo che l’Avvocatura dello Stato competente per territorio, ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, determini di assumere direttamente la trattazione della causa dandone immediata comunicazione ai competenti uffici dell’amministrazione interessata, nonché al Dipartimento della funzione pubblica, anche per l’eventuale emanazione di direttive agli uffici per la gestione del contenzioso del lavoro. In ogni altro caso l’Avvocatura dello Stato trasmette immediatamente, e comunque non oltre 7 giorni dalla notifica degli atti introduttivi, gli atti stessi ai competenti uffici dell’amministrazione interessata per gli adempimenti di cui al comma precedente.
Gli enti locali, anche al fine di realizzare economie di gestione, possono utilizzare le strutture dell’amministrazione civile del Ministero dell’interno, alle quali conferiscono mandato nei limiti di cui al primo comma.

Art. 418.
(Notificazione della domanda riconvenzionale)

Il convenuto che abbia proposta domanda in via riconvenzionale a norma del secondo comma dell’articolo 416 deve, con istanza contenuta nella stessa memoria, a pena di decadenza dalla riconvenzionale medesima, chiedere al giudice che, a modifica del decreto di cui al secondo comma dell’articolo 415, pronunci, non oltre cinque giorni, un nuovo decreto per la fissazione dell’udienza.
Tra la proposizione della domanda riconvenzionale e l’udienza di discussione non devono decorrere più di cinquanta giorni.
Il decreto che fissa l’udienza deve essere notificato all’attore a cura dell’ufficio, unitamente alla memoria difensiva, entro dieci giorni dalla data in cui è stato pronunciato.
Tra la data di notificazione all’attore del decreto pronunciato a norma del primo comma e quella dell’udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di venticinque giorni.
Nel caso in cui la notificazione del decreto debba farsi all’estero il termine di cui al secondo comma e’ elevato a settanta giorni, e quello di cui al comma precedente e’ elevato a trentacinque giorni.

Art. 419. (1)
(Intervento volontario)

Salvo che sia effettuato per l’integrazione necessaria del contraddittorio, l’intervento del terzo ai sensi dell’articolo 105 non può aver luogo oltre il termine stabilito per la costituzione del convenuto, con le modalità previste dagli articoli 414 e 416 in quanto applicabili.

(1) La Corte costituzionale con sentenza 29 giugno 1983, n. 193 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo articolo nella parte in cui, ove un terzo spieghi intervento volontario, non attribuisce al giudice il potere-dovere di fissare – con il rispetto del termine di cui all’art. 415, comma 5 (elevabile a quaranta giorni allorquando la notificazione ad alcune delle parti originarie contumaci debba effettuarsi all’estero) – una nuova udienza, non meno di dieci giorni prima della quale potranno le parti originarie depositare memorie, e di disporre che, entro cinque giorni, siano notificati alle parti originarie il provvedimento di fissazione e la memoria dell’interveniente, e che sia notificato a quest’ultimo il provvedimento di fissazione della nuova udienza.

Art. 420.
(Udienza di discussione della causa)

Nell’udienza fissata per la discussione della causa il giudice interroga liberamente le parti presenti, tenta la conciliazione della lite e formula alle parti una proposta transattiva o conciliativa. La mancata comparizione personale delle parti, o il rifiuto della proposta transattiva o conciliativa del giudice, senza giustificato motivo, costituiscono comportamento valutabile dal giudice ai fini del giudizio. Le parti possono, se ricorrono gravi motivi, modificare le domande, eccezioni e conclusioni già formulate, previa autorizzazione del giudice (1).
Le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale, il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia [c.p.c. 84]. La mancata conoscenza, senza gravi ragioni, dei fatti della causa da parte del procuratore è valutata dal giudice ai fini della decisione.
Il verbale di conciliazione ha efficacia di titolo esecutivo.
Se la conciliazione non riesce e il giudice ritiene la causa matura per la decisione, o se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali la cui decisione può definire il giudizio, il giudice invita le parti alla discussione e pronuncia sentenza anche non definitiva dando lettura del dispositivo.
Nella stessa udienza ammette i mezzi di prova già proposti dalle parti e quelli che le parti non abbiano potuto proporre prima, se ritiene che siano rilevanti, disponendo, con ordinanza resa nell’udienza, per la loro immediata assunzione.
Qualora ciò non sia possibile, fissa altra udienza, non oltre dieci giorni dalla prima, concedendo alle parti, ove ricorrano giusti motivi, un termine perentorio non superiore a cinque giorni prima dell’udienza di rinvio per il deposito in cancelleria di note difensive.
Nel caso in cui vengano ammessi nuovi mezzi di prova, a norma del quinto comma, la controparte può dedurre i mezzi di prova che si rendano necessari in relazione a quelli ammessi, con assegnazione di un termine perentorio di cinque giorni. Nell’udienza fissata a norma del precedente comma il giudice ammette, se rilevanti, i nuovi mezzi di prova dedotti dalla controparte e provvede alla loro assunzione.
L’assunzione delle prove deve essere esaurita nella stessa udienza o, in caso di necessità, in udienza da tenersi nei giorni feriali immediatamente successivi.
Nel caso di chiamata in causa a norma degli articoli 102, secondo comma, 106 e 107, il giudice fissa una nuova udienza e dispone che, entro cinque giorni, siano notificati al terzo il provvedimento nonché il ricorso introduttivo e l’atto di costituzione del convenuto, osservati i termini di cui ai commi terzo, quinto e sesto dell’articolo 415. Il termine massimo entro il quale deve tenersi la nuova udienza decorre dalla pronuncia del provvedimento di fissazione.
Il terzo chiamato deve costituirsi non meno di dieci giorni prima dell’udienza fissata, depositando la propria memoria a norma dell’articolo 416.
A tutte le notificazioni e comunicazioni occorrenti provvede l’ufficio.
Le udienze di mero rinvio sono vietate.

(1) Comma così modificato dall’art. 31, comma 4, L. 4 novembre 2010, n. 183 e, successivamente, dall’art. 77, comma 1, lett. b), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98.

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Cfr. Trib. Roma, sez. XIII, sentenza 29 marzo 2007

Art. 420-bis. (1)
(Accertamento pregiudiziale sull’efficacia,
validità ed interpretazione dei contratti e accordi collettivi)

Quando per la definizione di una controversia di cui all’articolo 409 è necessario risolvere in via pregiudiziale una questione concernente l’efficacia, la validità o l’interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale, il giudice decide con sentenza tale questione, impartendo distinti provvedimenti per l’ulteriore istruzione o, comunque, per la prosecuzione della causa fissando una successiva udienza in data non anteriore a novanta giorni.
La sentenza è impugnabile soltanto con ricorso immediato per cassazione da proporsi entro sessanta giorni dalla comunicazione dell’avviso di deposito della sentenza.
Copia del ricorso per cassazione deve, a pena di inammissibilità del ricorso, essere depositata presso la cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza impugnata entro venti giorni dalla notificazione del ricorso alle altre parti; il processo e’ sospeso dalla data del deposito.

(1) Articolo aggiunto dal D.Lgs. n. 40/2006.

Art. 421. (1)
(Poteri istruttori del giudice)

Il giudice indica alle parti in ogni momento le irregolarità degli atti e dei documenti che possono essere sanate assegnando un termine per provvedervi, salvo gli eventuali diritti quesiti.
Può altresì disporre d’ufficio in qualsiasi momento l’ammissione di ogni mezzo di prova, anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile, ad eccezione del giuramento decisorio, nonché la richiesta di informazioni e osservazioni, sia scritte che orali, alle associazioni sindacali indicate dalle parti. Si osserva la disposizione del comma sesto dell’articolo 420.
Dispone, su istanza di parte, l’accesso sul luogo di lavoro, purché necessario al fine dell’accertamento dei fatti, e dispone altresì, se ne ravvisa l’utilità, l’esame dei testimoni sul luogo stesso.
Il giudice, ove lo ritenga necessario, può ordinare la comparizione, per interrogarle liberamente sui fatti della causa, anche di quelle persone che siano incapaci di testimoniare a norma dell’articolo 246 o a cui sia vietato a norma dell’articolo 247.

(1) Articolo così modificato dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112.
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Cfr. Cass. Civ., sez. lavoro, sentenza 24 ottobre 2007, n. 22305 e Cass. Civ., sez. lavoro, sentenza 9 settembre 2009, n. 19422

Art. 422.
(Registrazione su nastro)

Il giudice può autorizzare la sostituzione della verbalizzazione da parte del cancelliere con la registrazione su nastro delle deposizioni di testi e delle audizioni delle parti o di consulenti.

Art. 423.
(Ordinanze per il pagamento di somme)

Il giudice, su istanza di parte, in ogni stato del giudizio, dispone con ordinanza il pagamento delle somme non contestate.
Egualmente, in ogni stato del giudizio, il giudice può, su istanza del lavoratore, disporre con ordinanza il pagamento di una somma a titolo provvisorio quando ritenga il diritto accertato e nei limiti della quantità per cui ritiene già raggiunta la prova.
Le ordinanze di cui ai commi precedenti costituiscono titolo esecutivo.
L’ordinanza di cui al secondo comma è revocabile con la sentenza che decide la causa.

Art. 424.
(Assistenza del consulente tecnico)

Se la natura della controversia lo richiede, il giudice, in qualsiasi momento, nomina uno o più consulenti tecnici, scelti in albi speciali, a norma dell’articolo 61. A tal fine il giudice può disporre ai sensi del sesto comma dell’articolo 420.
Il consulente può essere autorizzato a riferire verbalmente ed in tal caso le sue dichiarazioni sono integralmente raccolte a verbale, salvo quanto previsto dal precedente articolo 422.
Se il consulente chiede di presentare relazione scritta, il giudice fissa un termine non superiore a venti giorni, non prorogabile, rinviando la trattazione ad altra udienza.

Art. 425.
(Richiesta di informazioni e osservazioni alle associazioni sindacali)

Su istanza di parte, l’associazione sindacale indicata dalla stessa ha facoltà di rendere in giudizio, tramite un suo rappresentante, informazioni e osservazioni orali o scritte.
Tali informazioni e osservazioni possono essere rese anche nel luogo di lavoro ove sia stato disposto l’accesso ai sensi del terzo comma dell’articolo 421.
A tal fine, il giudice può disporre ai sensi del sesto comma dell’articolo 420.
Il giudice può richiedere alle associazioni sindacali il testo dei contratti e accordi collettivi di lavoro, anche aziendali, da applicare nella causa.

Art. 426. (1)
(Passaggio dal rito ordinario al rito speciale)

Il giudice (2), quando rileva che una causa promossa nelle forme ordinarie riguarda uno dei rapporti previsti dall’articolo 409, fissa con ordinanza l’udienza di cui all’articolo 420 e il termine perentorio entro il quale le parti dovranno provvedere all’eventuale integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti in cancelleria.
Nell’udienza come sopra fissata provvede a norma degli articoli che precedono.

(1) La Corte costituzionale con sentenza 14 gennaio 1977, n. 14 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 426 del codice di procedura civile, come modificato dall’art. 1, della legge 11 agosto 1973, n. 533 (sul nuovo rito del lavoro), e dell’articolo 20 della legge medesima nella parte in cui, con riguardo alle cause pendenti al momento dell’entrata in vigore della legge, non è prevista la comunicazione anche alla parte contumace dell’ordinanza che fissa la udienza di discussione ed il termine perentorio per l’integrazione degli atti.
(2) La parola “pretore” è stata sostituita dalla parola “giudice” dal D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 427.
(Passaggio dal rito speciale al rito ordinario)

Il giudice (1), quando rileva che una causa promossa nelle forme stabilite dal presente capo riguarda un rapporto diverso da quelli previsti dall’articolo 409, se la causa stessa rientra nella sua competenza dispone che gli atti siano messi in regola con le disposizioni tributarie, altrimenti la rimette con ordinanza al giudice competente, fissando un termine perentorio non superiore a trenta giorni per la riassunzione con il rito ordinario.
In tal caso le prove acquisite durante lo stato di rito speciale avranno l’efficacia consentita dalle norme ordinarie.

(1) La parola “pretore” è stata sostituita dalla parola “giudice” dal D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 428.
(Incompetenza del giudice)

Quando una causa relativa ai rapporti di cui all’articolo 409 sia stata proposta a giudice incompetente, l’incompetenza puo’ essere eccepita dal convenuto soltanto nella memoria difensiva di cui all’articolo 416 ovvero rilevata d’ufficio dal giudice non oltre l’udienza di cui all’articolo 420.
Quando l’incompetenza sia stata eccepita o rilevata ai sensi del comma precedente, il giudice rimette la causa al tribunale (1) in funzione di giudice del lavoro, fissando un termine perentorio non superiore a trenta giorni per la riassunzione con rito speciale.

(1) La parola “pretore” è stata sostituita dalla parola “tribunale” dal D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 429. (1)
(Pronuncia della sentenza)

Nell’udienza il giudice, esaurita la discussione orale e udite le conclusioni delle parti, pronuncia sentenza con cui definisce il giudizio dando lettura del dispositivo e della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. In caso di particolare complessità della controversia, il giudice fissa nel dispositivo un termine, non superiore a sessanta giorni, per il deposito della sentenza.
Se il giudice lo ritiene necessario, su richiesta delle parti, concede alle stesse un termine non superiore a dieci giorni per il deposito di note difensive, rinviando la causa all’udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine suddetto, per la discussione e la pronuncia della sentenza.
Il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti di lavoro, deve determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal lavoratore per la diminuzione di valore del suo credito, condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto.

(1) Articolo così modificato dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112.

Art. 430.
(Deposito della sentenza)

La sentenza deve essere depositata in cancelleria entro quindici giorni dalla pronuncia. Il cancelliere ne da’ immediata comunicazione alle parti.

Art. 431.
(Esecutorietà della sentenza)

Le sentenze che pronunciano condanna a favore del lavoratore per crediti derivanti dai rapporti di cui all’articolo 409 sono provvisoriamente esecutive.
All’esecuzione si può procedere con la sola copia del dispositivo, in pendenza del termine per il deposito della sentenza.
Il giudice di appello può disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione sia sospesa quando dalla stessa possa derivare all’altra parte gravissimo danno.
La sospensione disposta a norma del comma precedente può essere anche parziale e, in ogni caso, l’esecuzione provvisoria resta autorizzata fino alla somma di € 258,23.
Le sentenze che pronunciano condanna a favore del datore di lavoro sono provvisoriamente esecutive e sono soggette alla disciplina degli articoli 282 e 283. (1)
Il giudice di appello può disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione sia sospesa in tutto o in parte quando ricorrono gravi motivi. (1)
Se l’istanza per la sospensione di cui al terzo ed al sesto comma è inammissibile o manifestamente infondata il giudice, con ordinanza non impugnabile, può condannare la parte che l’ha proposta ad una pena pecuniaria non inferiore ad euro 250 e non superiore ad euro 10.000. L’ordinanza è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio. (2)

(1) Comma aggiunto dall’art. 69, Legge 26 novembre 1990, n. 353.
(2) Comma aggiunto dalla L. 12 novembre 2011, n. 183.

Art. 432.
(Valutazione equitativa delle prestazioni)

Quando sia certo il diritto ma non sia possibile determinare la somma dovuta, il giudice la liquida con valutazione equitativa.

§ 2: DELLE IMPUGNAZIONI

Art. 433.
(Giudice d’appello)

L’appello contro le sentenze pronunciate nei processi relativi alle controversie previste nell’articolo 409 deve essere proposto con ricorso davanti alla corte di appello (1) territorialmente competente in funzione di giudice del lavoro.
Ove l’esecuzione sia iniziata, prima della notificazione della sentenza, l’appello puo’ essere proposto con riserva dei motivi che dovranno essere presentati nel termine di cui all’articolo 434.

(1) Le parole “al tribunale” sono state sostituite dalle parole “alla corte di appello” dal D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 434.
(Deposito del ricorso in appello)

Il ricorso deve contenere le indicazioni prescritte dall’articolo 414. L’appello deve essere motivato. La motivazione dell’appello deve contenere, a pena di inammissibilità:
1) l’indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado;
2) l’indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata. (1)
Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della corte di appello (2) entro trenta giorni dalla notificazione della sentenza, oppure entro quaranta giorni nel caso in cui la notificazione abbia dovuto effettuarsi all’estero.

(1) Il comma che recitava: “Il ricorso deve contenere l’esposizione sommaria dei fatti e i motivi specifici dell’impugnazione, nonché le indicazioni prescritte dall’articolo 414.” è stato così sostituito dall’art. 54, D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con L. 7 agosto 2012, n. 134. Ai sensi dell’art. 54 cit., co. 2, le disposizioni del presente articolo si applicano ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
(2) Le parole “del tribunale” sono state sostituite dalle parole “della corte di appello” dal D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 435.
(Decreto del presidente)

Il presidente della corte di appello (1) entro cinque giorni dalla data di deposito del ricorso nomina il giudice relatore e fissa, non oltre sessanta giorni dalla data medesima, l’udienza di discussione dinanzi al collegio.
L’appellante, nei dieci giorni successivi al deposito del decreto, provvede alla notifica del ricorso e del decreto all’appellato. (2)
Tra la data di notificazione all’appellato e quella dell’udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di venticinque giorni.
Nel caso in cui la notificazione prevista dal secondo comma deve effettuarsi all’estero, i termini di cui al primo e al terzo comma sono elevati, rispettivamente, a ottanta e sessanta giorni.

(1) Le parole “del tribunale” sono state sostituite dalle parole “della corte di appello” dal D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51
(2) La Corte costituzionale con sentenza 14 gennaio 1977, n. 15 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui non dispone che l’avvenuto deposito del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza di discussione sia comunicato all’appellante e che da tale comunicazione decorra il termine per la notificazione all’appellato.
_______________

Cfr. Cass. Civ., sez. lavoro, sentenza 5 settembre 2008, n. 22536

Art. 436.
(Costituzione dell’appellato e appello incidentale)

L’appellato deve costituirsi almeno dieci giorni prima della udienza.
La costituzione dell’appellato si effettua mediante deposito in cancelleria del fascicolo e di una memoria difensiva, nella quale deve essere contenuta dettagliata esposizione di tutte le sue difese.
Se propone appello incidentale, l’appellato deve esporre nella stessa memoria i motivi specifici su cui fonda l’impugnazione. L’appello incidentale deve essere proposto, a pena di decadenza, nella memoria di costituzione, da notificarsi, a cura dell’appellato, alla controparte almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata a norma dell’articolo precedente.
Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni dell’articolo 416.

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Cfr. Cass. Civ., sez. lavoro, sentenza 18 settembre 2007, n. 19340

Art. 436-bis. (1)
(Inammissibilità dell’appello e pronuncia)

All’udienza di discussione si applicano gli articoli 348-bis e 348-ter.

(1) Articolo aggiunto dall’art. 54, D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con L. 7 agosto 2012, n. 134. Ai sensi dell’art. 54 cit., co. 2, le disposizioni del presente articolo si applicano ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Art. 437.
(Udienza di discussione)

Nell’udienza il giudice incaricato fa la relazione orale della causa. Il collegio, sentiti i difensori delle parti, pronuncia sentenza dando lettura del dispositivo nella stessa udienza.
Non sono ammesse nuove domande ed eccezioni. Non sono ammessi nuovi mezzi di prova, tranne il giuramento estimatorio, salvo che il collegio anche d’ufficio, li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa.
E’ salva la facolta’ delle parti di deferire il giuramento decisorio in qualsiasi momento della causa.
Qualora ammetta le nuove prove, il collegio fissa, entro venti giorni, l’udienza nella quale esse debbono essere assunte e deve essere pronunciata la sentenza. In tal caso il collegio con la stessa ordinanza puo’ adottare i provvedimenti di cui all’articolo 423.
Sono applicabili le disposizioni di cui ai commi secondo e terzo dell’articolo 429.

 

Art. 438.
(Deposito della sentenza di appello)

Il deposito della sentenza di appello è effettuato con l’osservanza delle norme di cui all’articolo 430.
Si applica il disposto del secondo comma dell’articolo 431.

Art. 439.
(Cambiamento del rito in appello)

La corte di appello (1), se ritiene che il provvedimento in primo grado non si sia svolto secondo il rito prescritto, procede a norma degli articoli 426 e 427.

(1) Le parole “Il tribunale” sono state sostituite dalle parole “La corte di appello” dal D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 440.
(Appellabilità delle sentenze)

Sono inappellabili le sentenze che hanno deciso una controversia di valore non superiore a € 25,82.

Art. 441.
(Consulente tecnico in appello)

Il collegio, nell’udienza di cui al primo comma dell’articolo 437, può nominare un consulente tecnico rinviando ad altra udienza da fissarsi non oltre trenta giorni. In tal caso con la stessa ordinanza può adottare i provvedimenti di cui all’articolo 423.
Il consulente deve depositare il proprio parere almeno dieci giorni prima della nuova udienza.

Capo II: DELLE CONTROVERSIE IN MATERIA DI PREVIDENZA E DI ASSISTENZA OBBLIGATORIE

Art. 442. (1)
(Controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie)

Nei procedimenti relativi a controversie derivanti dall’applicazione delle norme riguardanti le assicurazioni sociali, gli infortuni sul lavoro, le malattie professionali, gli assegni familiari nonché ogni altra forma di previdenza e di assistenza obbligatorie, si osservano le disposizioni di cui al capo primo di questo titolo.

Anche per le controversie relative alla inosservanza degli obblighi di assistenza e di previdenza derivanti da contratti e accordi collettivi si osservano le disposizioni di cui al capo primo di questo titolo.

Per le controversie di cui all’articolo 7, terzo comma, numero 3-bis), non si osservano le disposizioni di questo capo, né quelle di cui al capo primo di questo titolo.

(1) Articolo aggiornato con le modifiche introdotte dalla L. 18 giugno 2009, n. 69.
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Cfr. Cass. Civ., sez. lavoro, sentenza 27 aprile 2007, n. 10046

Art. 443.
(Rilevanza del procedimento amministrativo)

La domanda relativa alle controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatorie di cui al primo comma dell’articolo 442 non è procedibile se non quando siano esauriti i procedimenti prescritti dalle leggi speciali per la composizione in sede amministrativa o siano decorsi i termini ivi fissati per il compimento dei procedimenti stessi o siano, comunque, decorsi centottanta giorni dalla data in cui è stato proposto il ricorso amministrativo.
Se il giudice nella prima udienza di discussione rileva l’improcedibilità della domanda a norma del comma precedente, sospende il giudizio e fissa all’attore un termine perentorio di sessanta giorni per la presentazione del ricorso in sede amministrativa.
Il processo deve essere riassunto, a cura dell’attore, nel termine perentorio di centottanta giorni che decorre dalla cessazione della causa della sospensione.

Art. 444.
(Giudice competente)

Le controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie indicate nell’articolo 442 sono di competenza del tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione ha la residenza l’attore. Se l’attore è residente all’estero la competenza è del tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione l’attore aveva l’ultima residenza prima del trasferimento all’estero ovvero, quando la prestazione è chiesta dagli eredi, nella cui circoscrizione il defunto aveva la sua ultima residenza. (1)
Se la controversia in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali riguarda gli addetti alla navigazione marittima o alla pesca marittima, è competente il tribunale, in funzione di giudice del lavoro, del luogo in cui ha sede l’ufficio del porto di iscrizione della nave.
Per le controversie relative agli obblighi dei datori di lavoro e all’applicazione delle sanzioni civili per l’inadempimento di tali obblighi, è competente il tribunale, in funzione di giudice del lavoro, del luogo in cui ha sede l’ufficio dell’ente.

(1) L’ultimo periodo di questo comma è stato aggiunto dall’art. 46, comma 23, della L. 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 445.
(Consulente tecnico)

Nei processi regolati nel presente capo, relativi a domande di prestazioni previdenziali o assistenziali che richiedano accertamenti tecnici, il giudice nomina uno o più consulenti tecnici scelti in appositi albi, ai sensi dell’articolo 424.
Nei casi di particolare complessità il termine di cui all’articolo 424 può essere prorogato fino a sessanta giorni.

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Cfr. Cass. Civ., SS.UU., sentenza 9 aprile 2008, n. 9166

Art. 445-bis. (1)
(Accertamento tecnico preventivo obbligatorio)

Nelle controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità, disciplinati dalla legge 12 giugno 1984, n. 222, chi intende proporre in giudizio domanda per il riconoscimento dei propri diritti presenta con ricorso al giudice competente ai sensi dell’articolo 442 codice di procedura civile, presso il Tribunale nel cui circondario risiede l’attore, istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa fatta valere. Il giudice procede a norma dell’articolo 696 – bis codice di procedura civile, in quanto compatibile nonché secondo le previsioni inerenti all’accertamento peritale di cui all’articolo 10, comma 6-bis, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e all’articolo 195.
L’espletamento dell’accertamento tecnico preventivo costituisce condizione di procedibilità della domanda di cui al primo comma. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto a pena di decadenza o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che l’accertamento tecnico preventivo non è stato espletato ovvero che è iniziato ma non si è concluso, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dell’istanza di accertamento tecnico ovvero di completamento dello stesso.
La richiesta di espletamento dell’accertamento tecnico interrompe la prescrizione.
Il giudice, terminate le operazioni di consulenza, con decreto comunicato alle parti, fissa un termine perentorio non superiore a trenta giorni, entro il quale le medesime devono dichiarare, con atto scritto depositato in cancelleria, se intendono contestare le conclusioni del consulente tecnico dell’ufficio.
In assenza di contestazione, il giudice, se non procede ai sensi dell’articolo 196, con decreto pronunciato fuori udienza entro trenta giorni dalla scadenza del termine previsto dal comma precedente omologa l’accertamento del requisito sanitario secondo le risultanze probatorie indicate nella relazione del consulente tecnico dell’ufficio provvedendo sulle spese. Il decreto, non impugnabile nè modificabile, è notificato agli enti competenti, che provvedono, subordinatamente alla verifica di tutti gli ulteriori requisiti previsti dalla normativa vigente, al pagamento delle relative prestazioni, entro 120 giorni.
Nei casi di mancato accordo la parte che abbia dichiarato di contestare le conclusioni del consulente tecnico dell’ufficio deve depositare, presso il giudice di cui al comma primo, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla formulazione della dichiarazione di dissenso, il ricorso introduttivo del giudizio, specificando, a pena di inammissibilità, i motivi della contestazione.
La sentenza che definisce il giudizio previsto dal comma precedente è inappellabile. (2)

(1) Articolo aggiunto dal numero 1) della lettera b) del comma 1 dell’art. 38, D.L. 6 luglio 2011, n. 98, coordinato con L. di conversione 15 luglio 2011, n. 111. Tali disposizioni si applicano dal 1 gennaio 2012.
(2) Comma aggiunto dalla L. 12 novembre 2011, n. 183.

Art. 446.
(Istituti di patronato e di assistenza sociale)

Gli istituti di patronato e di assistenza sociale legalmente riconosciuti, possono, su istanza dell’assistito, in ogni grado del giudizio, rendere informazioni e osservazioni orali o scritte nella forma di cui all’articolo 425.

Art. 447.
(Esecuzione provvisoria)

Le sentenze pronunciate nei giudizi relativi alle controversie di cui all’articolo 442 sono provvisoriamente esecutive.
Si applica il disposto dell’articolo 431.

Art. 447-bis. (1)
(Norme applicabili alle controversie in materia di locazione,
di comodato e di affitto)

Le controversie in materia di locazione e di comodato di immobili urbani e quelle di affitto di aziende sono disciplinate dagli articoli 414, 415, 416, 417, 418, 419, 420, 421, primo comma, 422, 423, primo e terzo comma, 424, 425, 426, 427, 428, 429, primo e secondo comma, 430, 433, 434, 435, 436, 436-bis, 437, 438, 439, 440, 441, in quanto applicabili. (2)
Sono nulle le clausole di deroga alla competenza. (3)
Il giudice può disporre d’ufficio, in qualsiasi momento, l’ispezione della cosa e l’ammissione di ogni mezzo di prova, ad eccezione del giuramento decisorio, nonché la richiesta di informazioni, sia scritte che orali, alle associazioni di categoria indicate dalle parti.
Le sentenze di condanna di primo grado sono provvisoriamente esecutive. All’esecuzione si può procedere con la sola copia del dispositivo in pendenza del termine per il deposito della sentenza. Il giudice d’appello può disporre con ordinanza non impugnabile che l’efficacia esecutiva o l’esecuzione siano sospese quando dalle stesse possa derivare all’altra parte gravissimo danno.

(1) Articolo aggiunto dall’art. 70, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(2) Il comma che recitava: “Le controversie di cui all’art. 8, secondo comma, n. 3), sono disciplinate dagli articoli 414, 415, 416, 417, 418, 419, 420, 421, primo comma, c.p.c. e artt. 422, 423, primo comma e terzo comma, c.p.c. e artt. 424, 425, 426, 427, 428, 429, primo comma e secondo comma, c.p.c. e artt. 430, 433, 434, 435, 436, 437, 438, 439, 440, 441 c.p.c., in quanto applicabili.” è stato così sostituito dal D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. Successivamente le parole: “436-bis” sono state aggiunte dall’art. 54, D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con L. 7 agosto 2012, n. 134. Ai sensi dell’art. 54 cit., co. 2, le disposizioni del presente articolo si applicano ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
(3) Il periodo che recitava: “Per le controversie relative ai rapporti di cui all’articolo 8, secondo comma, numero 3), è competente il giudice del luogo dove si trova la cosa.” è stato soppresso dal D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 448. (1)
(Rimessione al collegio)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “Il giudice istruttore nel rimettere la causa al collegio per la discussione fissa l’udienza di cui all’articolo 190 entro i venti giorni successivi.
Nei processi riguardanti controversie di cottimo, il termine è ridotto a metà e la sentenza deve essere pubblicata all’udienza di discussione
.” è stato abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 449. (1)
(Disposizioni sulle spese)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “Nelle cause di valore non superiore alle lire duemila non possono essere posti a carico del soccombente gli onorari dell’avvocato dal quale l’altra parte si è fatta assistere.
Nelle cause di valore superiore alle lire duemila, il giudice, quando condanna alle spese, determina, secondo le circostanze, se in esse siano da comprendere, in tutto o in parte, gli onorari dell’avvocato.”
è stato abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 450. (1)
(Giudice d’appello)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “L’appello contro le sentenze pronunciate nei processi relativi a controversie previste nell’articolo 429 deve essere proposto davanti alla sezione della corte d’appello che funziona come magistratura del lavoro, la quale è integrata da due consiglieri designati dal primo presidente in sostituzione degli esperti.
Anche quando il giudizio di primo grado si è svolto con rito ordinario, se la sentenza è impugnata perché il pretore o il tribunale ha ritenuto che il rapporto dedotto in giudizio non rientra fra quelli previsti nell’articolo 429, l’appello deve essere proposto alla sezione speciale e, se è proposto in forma incidentale davanti al giudice ordinario, questi, con ordinanza, rimette il processo alla sezione speciale.”
è stato abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 451. (1)
(Cambiamento del rito in appello)

(…)

(1) L’articolo che così recitava: “La sezione della corte di cui all’articolo precedente, se ritiene che il procedimento in primo grado non si è svolto secondo il rito prescritto, provvede, quando occorre, a norma degli articoli 445 e 446.” è stato abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 452. (1)
(Appellabilità delle sentenze)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “Sono inappellabili le sentenze che hanno deciso una controversia di valore non superiore a lire cinquemila.” è stato abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 453. (1)
(Consulente tecnico in appello)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “Quando l’appello riguarda decisioni fondate su accertamenti compiuti da consulenti tecnici, è obbligatoria la nomina del consulente tecnico.” è stato abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 454. (1)
(Ricorso per cassazione)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “Contro le sentenze pronunciate secondo il rito speciale, si può proporre ricorso per cassazione a norma del n. 3 dell’art. 360 anche per violazione o falsa applicazione delle disposizioni dei contratti collettivi e delle norme equiparate.” è stato abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 455. (1)
(Arbitrato dei consulenti tecnici)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “Quando la controversia ha contenuto prevalentemente tecnico, le parti, d’accordo, possono chiedere al giudice che la decisione sia rimessa al consulente tecnico, oppure a un collegio composto dal consulente tecnico nominato d’ufficio, che lo presiede, e dai consulenti tecnici delle parti.
Il giudice provvede con ordinanza, assegnando ai consulenti un termine perentorio per la pronuncia del lodo.”
è stato abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 456. (1)
(Pronuncia dei consulenti tecnici)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “I consulenti tecnici decidono secondo equità.
Il lodo deve essere depositato, a pena di nullità, nel termine di cui all’articolo precedente, nella cancelleria dell’ufficio al quale appartiene il giudice che ha rimesso la decisione ai consulenti, ed è dichiarato esecutivo con decreto del pretore o del presidente del tribunale.
Contro il decreto che nega l’esecutorietà è ammesso reclamo mediante ricorso a norma dell’articolo 825 ultimo comma al presidente della sezione della corte d’appello indicata nell’articolo 450.”
è stato abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 457. (1)
(Decadenza dei consulenti tecnici)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “Se il lodo non è depositato nel termine di cui all’art. 455, secondo comma, il giudice che ha disposto la rimessione, su istanza della parte più diligente, pronuncia la decadenza e provvede sulla causa.
Se l’istanza non è proposta entro sei mesi dalla scadenza del termine suddetto, il processo si estingue.”
è stato abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 458. (1)
(Impugnazione delle sentenze dei consulenti)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “Le sentenze dei consulenti sono impugnabili a norma degli articoli 827 e seguenti, in quanto applicabili, davanti alla sezione della corte d’appello indicata nell’articolo 450.” è stato abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 459. (1)
(Controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “Si osservano le disposizioni del presente capo nei processi relativi a controversie derivanti dall’applicazione delle norme relative alle assicurazioni sociali, agli infortuni sul lavoro industriale e agricolo, alle malattie professionali, agli assegni familiari e ad ogni altra forma di previdenza e di assistenza obbligatorie inerenti ai rapporti indicati nell’articolo 429.
Si osservano le norme del capo secondo di questo titolo per le controversie tra lavoratori e datori di lavoro relative all’inosservanza da parte di questi ultimi degli obblighi di assistenza e previdenza derivanti da contratti collettivi di lavoro o norme equiparate.”
è stato abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 460. (1)
(Improponibilità della domanda)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “La domanda relativa a controversie previste nel presente capo non può essere proposta, se non quando sono esauriti i procedimenti prescritti dalle leggi speciali per la composizione in sede amministrativa o sono decorsi i termini ivi fissati per il compimento dei procedimenti stessi.” è stato abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 461. (1)
(Giudice competente)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “Le controversie indicate nell’articolo 459 primo comma sono di competenza del tribunale.
Per le controversie relative al diritto alle prestazioni previdenziali o assistenziali dei lavoratori o loro aventi causa, in materia di infortuni sul lavoro e di malattie professionali, è competente il tribunale del luogo in cui è avvenuto l’infortunio o si è manifestata la malattia professionale, e, per le altre controversie, il tribunale del luogo in cui ha sede l’organo locale dell’ente al quale è stata fatta la richiesta della prestazione. Se la controversia in materia di infortuni sul lavoro e di malattie professionali riguarda gli addetti alla navigazione marittima o alla pesca marittima, è competente il tribunale del luogo in cui ha sede l’ufficio del porto di iscrizione della nave.
Per le controversie relative agli obblighi dei datori di lavoro e all’applicazione delle sanzioni civili per l’inadempimento di tali obblighi, in materia di infortuni sul lavoro e di malattie professionali, è competente il tribunale nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio dell’ente al quale deve essere fatta la denuncia dei lavori ai fini dell’assicurazione, e per le altre controversie è competente il tribunale del luogo in cui si è svolto il rapporto di lavoro.”
è stato abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 462. (1)
(Patrocinio)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “Le parti che chiedono le prestazioni possono stare in giudizio personalmente, oppure con il ministero di un procuratore legale scelto in appositi albi, e possono valersi dell’assistenza di avvocati scelti negli stessi albi.” è stato abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 463. (1)
(Assistenza del consulente tecnico)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “Nei processi regolati nel presente capo, relativi a domande di prestazioni previdenziali o assistenziali, il giudice è normalmente assistito, a norma dell’articolo 441, da uno o più consulenti tecnici, scelti in appositi albi.” è stato abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 464. (1)
(Rinvio)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “Si osservano nel procedimento le disposizioni degli articoli 439, 440, 441 e 448 primo comma.
Le associazioni sindacali possono intervenire nel giudizio a norma dell’articolo 443.
Le parti possono chiedere che la decisione sia rimessa ad uno o più consulenti tecnici, a norma degli articoli 455 e seguenti.”
è stato abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 465. (1)
(Giudice d’appello)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “L’appello contro le sentenze pronunciate nelle controversie previste nell’articolo 459 si propone alla sezione della corte d’appello che funziona come magistratura del lavoro, composta nel modo indicato nell’articolo 450.
Si applica la disposizione dell’articolo 453.”
è stato abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 466. (1)
(Appellabilità delle sentenze)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “Sono inappellabili le sentenze che hanno deciso una controversia di valore non superiore alle lire diecimila.” è stato abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 467. (1)
(Denuncia all’associazione sindacale)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “Le norme degli articoli 430, 431, 432 e 433 si applicano anche nelle controversie in materie regolate da norme corporative, quando l’obbligo del tentativo di conciliazione è stabilito dalle dette norme.” è stato abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 468. (1)
(Nomina del consulente tecnico)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “Nelle controversie indicate nell’articolo precedente i consulenti tecnici sono scelti possibilmente negli appositi albi.” è stato abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 469. (1)
(Intervento delle associazioni sindacali)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “Le associazioni sindacali possono intervenire in giudizio a norma dell’articolo 443, quando si contenda sull’applicazione delle norme corporative.” è stato abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 470. (1)
(Sospensione del procedimento)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “Il procedimento deve essere sospeso a norma dell’articolo 444, quando pende un processo collettivo riguardante l’applicazione della norma corporativa.” è stato abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 471. (1)
(Ricorso per cassazione)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “Si può proporre ricorso per cassazione a norma del numero 3 dell’articolo 360 anche per violazione o falsa applicazione delle disposizioni delle norme corporative.” è stato abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 472. (1)
(Accertamento tecnico preventivo)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “Quando la controversia riguarda le modalità di una prestazione o la qualità di una merce o altro elemento tecnico relativo a una norma corporativa, la parte può chiedere, nei modi stabiliti nell’articolo 696, che sia eseguito un accertamento tecnico preventivo.” è stato abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 473. (1)
(Procedimento ed efficacia dell’accertamento)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “Il presidente, il pretore o il conciliatore, quando ritiene di dovere accogliere l’istanza, nomina con decreto il consulente, scegliendolo in ogni caso nell’apposito albo. Nello stesso decreto il presidente, il pretore o il conciliatore formula i quesiti ai quali il consulente deve rispondere e gli assegna un breve termine per il compimento dell’indagine e per la presentazione della relazione.
Alle risposte del consulente si applica la disposizione dell’articolo 442 ultimo comma.”
è stato abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.